Corre lungo il confine tra l'Ucraina
orientale e la Russia il nuovo fronte, militare e umanitario,
del conflitto tra Kiev e i separatisti filorussi. Il presidente
ucraino ad interim Oleksandr Turcinov ha annunciato la chiusura
parziale della frontiera orientale per impedire l'arrivo di armi
e militanti nelle regioni separatiste di Donetsk e Lugansk. Un
confine attraversato ogni giorno da migliaia di ucraini in fuga
dalle violenze, secondo Mosca, anche se i numeri variano a
seconda delle fonti.
Il premier russo Dmitri Medvedev ha accusato le autorità
ucraine di "mentire" negando l'assenza di profughi che scappano
in Russia e ha definito la situazione umanitaria "senza
precedenti", sostenendo che ogni giorno circa 3000 persone
arrivano nella confinante regione russa di Rostov sul Don.
Le autorità locali tuttavia non confermano che si tratta di
rifugiati, mentre per Kiev la vera emergenza sono gli sfollati
interni, ossia le migliaia di abitanti che lasciano l'est per
altre zone più sicure del Paese, a partire da Kiev. Secondo i
dati forniti oggi in una conferenza stampa da una ong ucraina,
"Il cerchio della fiducia", sarebbero 70mila, 100mila con quelli
che hanno abbandonato la Crimea, ma sono cifre difficili da
verificare.
Secondo i calcoli dell'Onu, a fine maggio il numero di
profughi interni in Ucraina, sia dalle regioni orientali che
dalla Crimea, aveva raggiunto 'solò quota 10.000. Una
settantina di loro ha trovato rifugio temporaneo nella ex
residenza del deposto presidente Viktor Yanukovich, nei pressi
di Kiev, altre centinaia invece a Dnipropetrovsk nella villa -
sequestrata - del deputato ed ex candidato presidenziale Oleg
Tsariov, indagato per istigazione al separatismo.
In ogni caso Mosca è indignata dalla decisione di Kiev di
chiudere le frontiere: "Invece di aprire questi confini per
tutti coloro che desiderano lasciare l'area delle azioni
militari, essi vengono chiusi. È assolutamente offensivo e
inaccettabile", ha dichiarato Aleksandr Lukashevich, portavoce
del ministero degli Esteri russo, mentre Medvedev se la prendeva
anche con "il cosiddetto G7" e il suo sostegno alle azioni
militari "moderate" di Kiev: "È di un cinismo senza limiti", ha
accusato, ma il presidente del Consiglio europeo Herman Van
Rompuy ha replicato che il governo ucraino "ha il diritto
costituzionale" di intervenire per "ristabilire l'ordine".
Quello che sta accadendo lungo il confine russo-ucraino
potrebbe nascondere anche un'altra verità. Le guardie di
frontiera ucraine, infatti, hanno abbandonato almeno tre
postazioni di valico nella regione di Lugansk, a Dolianski,
Chervona Mogila e Chervonopartizansk, dove hanno subito
l'assalto di consistenti forze filorusse, anche con blindati.
Sono state loro stesse a chiedere al governo la chiusura "di una
serie di punti di passaggio" e l'invio di truppe "per la difesa
della frontiera", come si legge in un comunicato.
Frontiera dove
oggi testimoni hanno riferito di aver visto passare diverse
persone a piedi, trascinando valige o portando sacchi di effetti
personali. Del resto fuggire per via area è ormai impossibile
dalle regioni orientali: dopo quello di Donetsk, oggi ha chiuso
anche l'aeroporto internazionale di Lugansk, per motivi non
precisati ma verosimilmente legati alla precarietà della
sicurezza.
La gente scappa non solo per evitare i combattimenti, che
spesso fanno vittime tra i civili, ma anche per le difficoltà
della vita quotidiana: Sloviansk, la roccaforte dei ribelli
assediata dall'esercito di Kiev, ha temuto di restare senz'acqua
prima che in serata fosse riparato l'acquedotto danneggiato
dagli scontri, ma il pane è razionato e i latticini scarseggiano
come i medicinali. Abbondano solo i crimini di guerra: oggi i
media ucraini hanno diffuso un video shock sulla fucilazione da
parte di miliziani filorussi di due degli otto ufficiali ucraini
loro prigionieri nella città di Gorlovka, nella regione di
Donetsk.