Aerei dell'aviazione turca hanno bombardato, nella notte tra lunedì e martedì, obiettivi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) nel sud-est del Paese. Si tratta del primo bombardamento dal cessate il fuoco dichiarato dai ribelli curdi nel marzo del 2013. Lo si apprende da fonti dei servizi di sicurezza.
L'operazione avviene qualche
giorno dopo le rivolte che hanno infiammato la comunità curda in
tutta la Turchia, causando almeno 34 morti, centinaia di feriti e
gravi danni. Le manifestazioni sono state scatenate dal rifiuto
di Ankara di intervenire militarmente per salvare la città
curdo-siriana di Kobane, al confine turco, assediata da settimane
dai jihadisti dello Stato islamico.
Il governo islamico conservatore aveva avviato a novembre 2012
contatti con il capo carismatico del Pkk in carcere, Abdullah
Ocalan, per tentare di porre fine a un conflitto che in quasi
trent'anni ha fatto 40.000 morti. I ribelli curdi avevano
decretato un cessate il fuoco unilaterale a marzo successivo, per
cominciare in seguito il ritiro dei loro combattenti dalla
Turchia verso le basi irachene sul monte Kandil. Ma circa un anno
fa il ritiro si è interrotto perché secondo i curdi Ankara non
ha mantenuto le promesse di riforma in favore della minoranza
curda del Paese, che conta 15 milioni di persone.
Le tensioni sono bruscamente salite con l'avvio dell'offensiva
dei jihadisti su Kobane (Ain al-Arab in arabo). Ocalan di recente
ha avvertito che la caduta di Kobane significherebbe la fine del
processo di pace e ha invitato il governo a prendere iniziative
prima di mercoledì. Pur condannando con durezza i manifestanti
curdi, il presidente Recep Tayyip Erdogan ha promesso di fare di
tutto per proseguire il dialogo.