In un clima di grandissima tensione si sono svolti sabato a Tunisi i funerali di Mohamed Brahmi, ucciso giovedì in un agguato e ormai eletto a "martire" della democrazia tunisina. Per il timore di incidenti, la sicurezza della cerimonia era stata affidata all'Esercito che ha schierato molte unità lungo il percorso che ha portato il feretro dell'uomo politico dalla sua abitazione, nel governatorato dell'Ariana, al cimitero di Djellez, dove è stato tumulato nel “quadrato degli eroi”, accanto a Chokri Belaid, altro esponente laico caduto sotto i proiettili dei terroristi.Avvolta nella bandiera tunisina, la bara spartana, vegliata per tutta la notte dai familiari, è stata issata su un veicolo dell'Esercito, su cui, insieme ad elementi della polizia militare, sono saliti la moglie, Mbarka, ed il figlio di Brahmi Adnan. Il giovane è salito sul veicolo attraversando un muro umano e, nel momento di montare sul pianale, s'è ritrovato in mano, insieme con quella tunisina, anche una bandiera egiziana. Il corteo, poi, lentamente s'è diretto verso il cimitero di Djellez, accompagnato per tutta la strada dallo sventolio di bandiere e dalle note e le parole dell'inno nazionale. Quando ha fatto ingresso nel cortile interno del cimitero di Djellez, pavesato con tre enormi bandiere tunisine, il feretro è stato accolto da invocazioni per lo scomparso, ma soprattutto da invettive contro il partito islamico Ennahda, accusato di essere dietro all'assassinio. Mbarka ed Adnan Brahmi non si sono negati all'urlo che prorompeva dalla folla, arrigandola e facendo, con le dita, il segno della vittoria. A sottolineare la partecipazione popolare al funerale - totalmente ignorato dai media vicini agli islamici - il fatto che l'orazione funebre sia stata tenuta da uno dei maggiori esponenti dell'Islam moderato, Ferid Beji, che appena poche ore prima aveva emesso una fatwa che autorizza le forze dell'ordine a fare irruzione nelle moschee in cui si sospetta la presenza di terroristi. Dopo la preghiera del pomeriggio, la salma è stata inumata, tra lacrime e grida d'ira. La fine ufficiale della cerimonia è stata segnata dall'inizio di un corteo ufficialmente spontaneo verso il Bardo, dove ha sede il Palazzo dell'Assemblea nazionale costituente (Anc) di cui ormai da più parti si chiede lo scioglimento identificandola come lo strumento parlamentare di cui Ennahda si serve per alimentare la propria leadershippolitica, oggi abbondantemente contestata. Peraltro dalla scorsa notta l'Anc appare indebolita in quanto 41 deputati hanno annunciato che ne diserteranno i lavori. La tensione, tenuta sotto controllo dall'Esercito, è invece esplosa quando la polizia è intervenuta con estrema durezza per disperdere la folla che si stava dirigendo verso la sede dell'Assemblea, dove si erano già schierati i sostenitori di Ennahda ed i "mazzieri" della Lega per la protezione della rivoluzione che, da guardiana del passaggio dalla dittatura alla democrazia, è ormai divenuta una milizia paramilitare a protezione del governo.
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