L'ex presidente americano Donald Trump in un comizio a Waterloo in Iowa - Ansa
Ma l’America è davvero pronta a fare un salto mortale all’indietro di quattro anni? Se lo chiedono tutti gli analisti, davanti ai dati dei sondaggi che vedono crescere il fronte Maga di Donald Trump e calare a vista d’occhio le preferenze per l’attuale presidente Joe Biden in un eventuale duello tra i due al prossimo novembre. Ironia della sorte, muri davanti a “The Donald” ne stanno crescendo direttamente proporzionali ai consensi che sta guadagnando in vista delle primarie di gennaio e parallelamente (incredibile, fino a un certo punto, ma vero) al procedere dei giudizi contro di lui nelle aule dei tribunali. Le principali: quella dei soldi sottratti al peso delle tasse della società del tycoon a New York, le carte segrete trovate nella residenza di Mar-a-Lago in Florida portate via dalla Oval room della Casa Bianca insieme alla foto di Melania, quella dei figli e nipoti e ai tanti scatti che lo ritraggono con cappellino e capelli arancioni inconfondibili. Oppure il processo per l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, o quello sulle ingerenze nel voto in Georgia.
Nella notte invece è caduta un'altra tegola sulla testa dell’ex presidente da un muro altissimo che il Colorado ha costruito sul suo cammino verso la nomination. L'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump non è costituzionalmente idoneo a candidarsi nello Stato del Colorado per le elezioni presidenziali del 2024. Con quattro voti a favore e tre contrari, la Corte Suprema statale, in base al 14esimo emendamento inserito subito dopo la guerra civile americana, vieta infatti agli insurrezionalisti coinvolti nell'assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 di ricoprire cariche pubbliche e quindi anche di candidarsi alle primarie nello Stato. La sentenza storica ritiene Trump responsabile del tentativo di ribaltare le elezioni del 2020 e prevede una punizione politica per il suo comportamento antidemocratico. Trump ha promesso di fare appello alla Corte Suprema degli Stati Uniti. "Abbiamo piena fiducia che la Corte Suprema degli Stati Uniti (quella di Washington dove i giudici sono in maggioranza conservatori) si pronuncerà rapidamente a nostro favore e metterà finalmente fine a queste cause antiamericane", ha affermato Steven Cheung, portavoce della campagna di Trump.
Ma basterà? Non lo credono gli stessi suoi compagni di partito (fedeli e costretti ad apparire tali). Almeno a guardare ciò che è successo in questi giorni, nel tentativo di “blindare” gli States dalle inevitabili vendette che Trump si vorrebbe prendere. Una volta portate a casa le elezioni del prossimo anno, il piano del tycoon, secondo quanto trapela da ambienti diplomatici e da suoi ex consiglieri, sarebbe infatti quello di mettere suoi fedelissimi nelle posizioni più strategiche - Pentagono, dipartimento di Stato e Cia - in modo da avere le mani libere su tutto: dalla politica estera alla difesa fino alla sicurezza nazionale. Tra le priorità di Trump, questo non è un segreto, c'è la lotta all'immigrazione illegale e il dispiegamento di forze speciali al confine con il Messico. Ma quello che in questo momento preoccupa di più fuori e dentro i confini americani sono la politica estera e i rapporti con Nato ed Europa. Proprio in queste ultime ore per blindare gli Stati Uniti dentro l'Alleanza atlantica, dopo le tante minacce agitate dall'ex presidente, il Congresso Usa ha approvato nella legge annuale sulla politica di difesa una misura bipartisan che impone all'inquilino della Casa Bianca di consultare il Congresso prima di un eventuale ritiro. John Bolton, il terzo consigliere per la sicurezza nazionale di Trump che da allora ne è diventato un feroce critico, si è detto convinto che il tycoon proverà a uscire dalla Nato ma con la norma approvata a Capitol Hill dovrà avere bisogno del voto favorevole di due terzi del Senato oppure di una decisione del Congresso.
La risposta di Biden è flebile, dicono in molti: si sta spendendo per la tregua di lunga durata in Medio Oriente ed è uscito scornato dal confronto con la Camera (ormai repubblicana) che gli ha bloccato i finanziamenti in armi da 61 miliardi per l’Ucraina. E se è vero che alla Casa Bianca non ci si arriva agendo in politica estera, ma sull’economia “domestica”, allora Biden sa benissimo che non può vivere di rendita sull’ondata di ottimismo che attraversa la finanza. Con i tassi alle stelle, dicono tanti, i benefici reali arriveranno dopo l’autunno. Proprio mentre gli elettori, dopo le primarie, dovranno decidere (probabilmente) di nuovo tra l’anziano Biden (81 anni) e il più giovane (di neanche quattro anni) Donald John Trump. Insomma presto l’America dovrà chiedersi: siamo pronti a tornare indietro di quattro anni?