lunedì 8 giugno 2009
Il congelamento di fondi appartenenti a una non meglio precisata istituzione cattolica in Israele è stato "frutto di un errore tecnico" e di "un malinteso" ed è stato già revocato. Lo hanno assicurato fonti qualificate del ministero degli Esteri israeliano.
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Il congelamento di fondi appartenenti a una non meglio precisata istituzione cattolica in Israele è stato "frutto di un errore tecnico" e di "un malinteso" ed è stato già revocato. Lo hanno assicurato fonti qualificate del ministero degli Esteri israeliano all'agenzia Ansa, ridimensionando i timori di un incidente diplomatico con il Vaticano suscitati dalle informazioni sul sequestro riferite nelle scorse ore da fonti ecclesiastiche.Il provvedimento - ha precisato un rappresentante del ministero degli Esteri - è stato assunto "a livello di funzionari", senza avallo politico. "Si è trattato di un malinteso legato alla mancata conoscenza della lista delle istituzioni cattoliche su cui Israele e Santa Sede stanno negoziando", un accordo in materia fiscale, ha aggiunto, sottolineando che la procedura "è stata già cancellata". Il ministero delle Finanze da parte sua ha evitato qualsiasi commento. Una portavoce del dipartimento affari tributari si è limitata a dire all'Ansa che "i rapporti fra lo Stato e i contribuenti sono coperti da segreto d'ufficio". La denuncia di padre Jaeger. Il ministero delle Finanze israeliano ha ordinato il sequestro dei fondi di una importante istituzione della Chiesa cattolica in Israele, facendo valere unilateralmente le sue pretese in materia  fiscale, oggetto di un negoziato in corso da 16 anni e, apparentemente, giunto a buon punto. La notizia è stata confermata questa mattina dal delegato della Custodia di Terrasanta, padre David Jaeger, il quale, tuttavia, non ha voluto rivelare quale sia l'istituzione destinataria del provvedimento.Nè le autorità israeliane nè la segreteria di Stato vaticana hanno finora confermato l'accaduto, ma padre Jaeger ha fornito in merito dettagliate precisazioni. L' ordinanza di sequestro porta la firma del capo esattore del Ministero delle Finanze israeliano Yehezkel Abrahamoff, ed è stata recapitata il 20 maggio scorso, cinque giorni dopo il ritorno del papa dal suo viaggio in Israele, ad una istituzione della Chiesa cattolica. Si tratterebbe, secondo fonti locali che hanno chiesto l'anonimato, di "una importante istituzione" e, secondo le stesso fonti, il funzionario avrebbe ventilato la possibilità di estendere il provvedimento ad altri fondi e beni della Chiesa cattolica in Israele."Non avendo ricevuto istruzioni in merito e, vista l'estrema delicatezza della materia - ha detto padre Jaeger - non sono attualmente in grado di dire se la Custodia di Terra Santa sia bersaglio dei sequestri di fondi della Chiesa decretati dal funzionario del Ministero delle Finanze, il sig. Yehezkel Abrahamoff". Padre Jaeger ha comunque espresso l'auspicio, a titolo personale, "che la clamorosa iniziativa, se confermata, risulti quella di un singolo funzionario, poco informato, e che nelle prossime ore verrà sconfessata e ribaltata dai suoi Superiori, in ottemperanza al noto impegno pattizio dello Stato (nel quadro del suo Accordo fondamentale con la Santa Sede), di astenersi rigorosamente da tali mosse unilaterali in pendenza di negoziato sul piano del diritto pubblico internazionale".Si tratta, secondo padre Jaeger, di un gesto che rischia di condizionare il prosieguo dei negoziati bilaterali per la definizione dei rapporti economici tra Vaticano e Santa Sede che si trascinano da 16 anni e che, dopo varie interruzioni e passi indietro, sembravano essere giunti sul giusto binario, e che la visita di Benedetto XVI in Israele dello scorso maggio sembrava aver favorito. Resta da capire il significato e l'entità di questo passo da parte del governo israeliano: la vicenda, se riferita a un caso isolato e ridimensionata, potrebbe ridursi a un piccolo incidente; oppure, se più grave, potrebbe aprire un aspro contenzioso tra Israele e Santa Sede, proprio a poche settimane dalla visita del Papa in Terrasanta.
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