L’Onda verde, in piazza, farà a meno del suo leader. Mehdi Karrubi, capo dell’opposizione iraniana al governo, è stato arrestato ieri, nella sua casa di Teheran, alla vigilia del 32esimo anniversario della Rivoluzione islamica, che cade oggi. La conferma è stata data dal figlio stesso di Karrubi, su SahamNews , il sito dei democratici anti- governativi. Karrubi, insieme a Mir-Hossein Mussavi, altro leader dell’opposizione, stavano organizzando per il 14 febbraio una manifestazione nella capitale a sostegno delle rivolte in Egitto e Tunisia. Il figlio di Karrubi, che per primo ha diffuso la notizia, sarebbe stato fermato davanti la casa del padre da un gruppo di agenti della sicurezza che da tempo vi stazionano per attività di osservazione. Gli sarebbe stato intimato di non entrare in casa, dove Karrubi si troverebbe agli arresti domiciliari; l’unica persona a cui non sia stato dato il divieto d’accesso fino al 14 febbraio è la moglie del leader dell’opposizione. Già due giorni fa i Pasdaran avevano messo in guardia l’opposizione dalla tentazione di ritornare in piazza il 14 febbraio e i siti anti-governativi davano notizia dell’arresto di altri due politici: il collaboratore di Karrubi, Taghi Rahmani, e Mohammad Hossein Sharifzadegan, ex ministro nel governo del presidente riformista Mohammad Khatami e membro dell’ufficio elettorale di un altro leader dell’opposizione. Da mesi Karrubi e Mussavi denunciano di trovarsi nel mirino del governo, sottoposti a un regime di stretta sorveglianza, controllo dei loro movimenti e limitazione degli incontri con i loro sostenitori. Ieri, la notizia dell’arresto, dopo che il procuratore generale, Gholamhossein Mohseni-Ejei ha accusato i due leader dell’opposizione di volere creare «divisioni» all’interno del Paese con la manifestazione prevista per il 14 febbraio. Il governo iraniano, in questi giorni, ha sostenuto le proteste in Tunisia e, soprattutto, in Egitto, paragonando Hosni Mubarak allo scià Reza Pahlavi e le proteste in piazza Tahrir allo stesso movimento di Liberazione che segnò la nascita, 32 anni fa, della Repubblica islamica. Ma Karrubi ha spostato l’asse della propaganda sulle contestatissime elezioni presidenziali del 2009, la cui validità aveva duramente contestato insieme a Mussavi, accusando il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad di brogli. E le sue parole, nei giorni scorsi, riferite al governo, avevano il segno di una vera e propria sfida: «Se non daranno il permesso al loro stesso popolo di protestare, ciò andrà contro quello che dicono a sostegno della rivoluzione in Egitto». Karrubi e Mussavi hanno anche insistito sulla dimostrazione di forza di entrambi i regimi, affermando che «l’arresto di manifestanti e l’uccisione di giovani uomini e donne, nelle strade e nelle prigioni non hanno potuto salvare gli autoritari dalla perdita della fiducia della popolazione ». Come dire che, alla rabbia, alla “hogra” delle popolazioni del Mahgreb nei confronti di una elite di potere e, per esteso, ai persiani della Repubblica iraniana, la repressione fa un baffo rispetto alla possibilità di ritornare in piazza. Nel Paese dell’ex scià, comunque, il malcontento, rispetto alla politica interna, è alto. Dal giugno 2007 il Paese raziona la benzina per auto, nel timore di nuove sanzioni Onu. E dalla fine di dicembre 2010 è duramente provata da una riforma economica che ha tagliato i sussidi pubblici che mantenevano artificiosamente basso il prezzo del carburante (11 centesimi di dollaro al litro, paria a mille rial nel 2007), quadruplicandolo. Le sanzioni Onu sono arrivate e l’Onda verde, che ha dimostrato per prima l’efficacia dei social network nelle sollevazioni di massa, guarda all’Egitto e alle proprie tasche, non dimentica Nasser e preme.