Da una parte le intimidazioni della polizia che, nei giorni scorsi, ha ammonito che avrebbe agito «con durezza». Dall’altra la volontà dell’opposizione (e degli studenti) di non “mollare”, di non lasciare al regime l’ultima parola. Torna a farsi incandescente la situazione in Iran. Ieri – in occasione della “giornata dello studente” nella quale si ricordano i tre studenti uccisi nel 1953 in incidenti scoppiati durante una visita a Teheran dell’allora vice presidente Usa Richard Nixon – le piazze si sono riempite di nuove ma le forze di sicurezza hanno reagito con l’uso di manganelli e lacrimogeni e sparando in aria per disperdere la folla. Secondo alcuni testimoni vi sono stati feriti e arresti: tra questi ci sarebbe anche Majid Tavakoli, leader degli studenti iraniani. La repressione voluta dal regime è stata condannata dagli Stati Uniti («l’Iran è indifferente verso la propria Costituzione») e dalla Gran Bretagna («inquietante»).Dalle prime ore della giornata un massiccio schieramento di agenti in uniforme e in borghese, appoggiati da miliziani islamici Basiji, ha stretto d’assedio l’area dell’università principale e diversi altri punti del centro di Teheran. Fin dalla mattinata gruppi di manifestanti hanno comunque cercato di radunarsi nelle principali piazze attorno all’università, mentre dall’interno dell’ateneo, secondo quanto riferito da testimoni, giungevano grida di “Allah Akbar” (dio è grande) e slogan anti-governativi ed erano segnalati momenti di forte tensione fra gli studenti dell’opposizione e quelli aderenti ai Basiji. L’università di Teheran è stata “circondata” dalle forze di sicurezza per impedire agli studenti di unirsi alla giornata di protesta. I collegamenti Internet con i siti dell’opposizione sono stati bloccati o resi molto difficoltosi, mentre la rete dei telefoni cellulari è stata interrotta in alcune aree della città durante gli scontri. Ai giornalisti stranieri era stato vietato di uscire dai loro uffici per andare a vedere quello che succedeva e quindi hanno dovuto fare affidamento soltanto su testimonianze di persone presenti. L’atmosfera di tensione stava aumentando già da alcune settimane, con gli arresti, resi noti da siti riformisti, di alcuni leader studenteschi. Ieri uno dei capi dell’opposizione, l’ex candidato moderato alle presidenziali del giugno scorso, Mir Hossein Mussavi, aveva affermato che il movimento di protesta non era finito, nonostante la repressione. Preceduta da grida di “Allah Akbar” levatesi da molti tetti e terrazze della capitale, la giornata di ieri è cominciata con le forze di sicurezza che sono intervenute per disperdere dimostranti che cercavano di radunarsi. La situazione è tornata gradualmente alla calma alla fine della mattinata, ma le tensioni sono riesplose verso sera, quando molte migliaia di oppositori si sono radunati nuovamente sulla Piazza Enghelab e, al grido di “Morte al dittatore”, hanno cercato di dirigersi verso l’università per unirsi agli studenti. La polizia è intervenuta in forze e molti manifestanti, tra i quali erano in gran numero le donne, si sono dispersi nelle vie adiacenti, inseguiti dagli agenti, mentre cassonetti di immondizia venivano dati alle fiamme. Gli agenti, hanno riferito testimoni, hanno anche sparato in aria.La televisione di Stato iraniana in inglese
PressTv ha ammesso che l’opposizione ha cercato di dar vita a proteste contro il governo, ma ha aggiunto che tali sforzi sono stati «vanificati dalla presenza di forze anti-sommossa». «Anche se ridurrete al silenzio tutti gli studenti – ha detto Mussavi – cosa farete con la realtà della società?».