Il Senato degli Stati Uniti ha approvato la vasta riforma fiscale fortemente voluta dal presidente Donald Trump. Nel corso della giornata di ieri sono state apportate numerose modifiche al testo di circa 500 pagine, che poi è stato approvato con 51 voti a favore e 49 contrari. Tra i repubblicani, solo il senatore Bob Corker ha votato contro.
La seduta, iniziata ieri mattina, era proseguita con l’esame degli emendamenti sul provvedimento di taglio delle imposte. I repubblicani in Senato hanno la maggioranza (così come alla Camera), contando su 52 seggi su 100.
Negli ultimi giorni ad incrinare il supporto da parte di alcuni senatori della maggioranza, la stima della Commissione bipartisan sulla tassazione (Jct) che ha previsto un aumento del deficit Usa di mille miliardi di dollari con la riforma di tagli alle tasse portata avanti dal Grand Old Party (Gop). Il presidente Trump aveva promesso agli americani una manovra a costo zero in termini di deficit perché le minori entrate fiscali sarebbero state compensate dalla crescita del Pil. Secondo la Jct, la crescita economica indotta dai tagli alle tasse riuscirebbe a compensare solo 407 miliardi di dollari su 1.500 miliardi di costo della riforma nel prossimo decennio.
ECCO COSA CAMBIA CON LA RIFORMA FISCALE
Nella giornata di giovedì era arrivato il cruciale sì del senatore repubblicano John McCain alla riforma («Non è un provvedimento perfetto ma aumenterà la competitività delle aziende americane», il commento del senatore dell’Arizona). La riforma è la prima che ha a che fare con il fisco negli Stati Uniti da 31 anni a questa parte e consegna a Trump la prima grande vittoria sul fronte legislativo. Il pacchetto passato al Senato, dopo le modifiche fatte per compattare il partito, dovrà essere ora armonizzato con quello approvato alla Camera il 16 novembre scorso.
La riforma prevede una riduzione delle tasse sulle aziende al 20 per cento dall’attuale 35 per cento. «Questa settimana possiamo fare alle famiglie della classe media, che sono la spina dorsale del Paese, un gran bel regalo di Natale, un massiccio taglio delle tasse», aveva twittato nei giorni scorsi Trump, che ha definito la misura da 1.500 miliardi di dollari come un «carburante da missile» per l’economia, con «tagli alle tasse storici».
Premiati i ricchi e le aziende
Se si guarda alle cifre degli effettivi vantaggi nelle stime fornite dal Tax Policy Center la disparità è evidente: con la riforma il contribuente medio americano - con un reddito tra i 50mila e gli 85mila dollari - risparmierà 850 dollari nel 2019. Mentre per i contribuenti con un reddito superiore al milione di dollari il risparmio sarà di quasi 35mila dollari, dal momento che il 90% dei benefici fiscali che arriveranno nei prossimi 10 anni dall'applicazione della riforma andranno solo al 20% dei più ricchi.
La disparità appare più evidente dopo il primo decennio: infatti i senatori, con il dichiarato intento di limitare la crescita del deficit, hanno reso solo temporanei gli sgravi per i singoli individui, mentre rimane permanente l'enorme riduzione, dal 35% al 20%, delle tasse per imprese e corporation. Quindi per il ceto medio americano si prevede verosimilmente un aumento delle tasse tra dieci anni.