giovedì 19 dicembre 2024
L’ipotesi avanzata da Fratelli d’Italia viene bocciata dalle associazioni di categoria che puntano il dito contro la concorrenza sleale dell’e-commerce. Positive invece Federdistribuzione e Coop
Il nuovo centro commerciale Maximall di Torre Annunziata

Il nuovo centro commerciale Maximall di Torre Annunziata - Ansa

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Un pacchetto di sei giorni di chiusure obbligatorie per centri commerciali e grande distribuzione. Natale, Pasqua, Primo Maggio, Ferragosto, Capodanno e Santo Stefano. “liberi” dallo shopping e dal carrello della spesa. L’idea, destinata come sempre a far discutere, arriva da Fratelli d’Italia che ha presentato una proposta elaborata da Silvio Giovine della commissione Attività produttive e depositata alla Camera dal neo capogruppo Galeazzo Bignami. Non è la prima volta che la politica prova a mitigare quella liberalizzazione delle aperture festive scattata nel 2012 con il decreto salva-Italia. Cinque anni fa, nel 2019 il governo giallo-verde M5S e Lega valutò varie soluzioni come le aperture a rotazione dei negozi e un elenco di dodici festività “super-rosse”. Alla fine, tra posizioni contrastanti e levata di scudi della categoria, non se ne fece nulla.

La nuova proposta targata Fdl riguarderebbe negozi e supermercati, ma non i pubblici esercizi come bar, ristoranti, pasticcerie o i punti vendita all’interno di aeroporti e stazioni di servizio. Per i trasgressori sarebbe prevista una multa fino a 12mila euro e per chi tiene aperto per due festività in un anno, anche una sanzione con l’obbligo di chiusura per dieci giorni dell’attività. Secondo Giovine «non si tratta di un provvedimento né di destra né di sinistra, ma semplicemente di buon senso». È dal più di dieci anni che Comuni e Regioni non hanno la possibilità di decidere sulle aperture festive. La ratio del provvedimento è di incidere soprattutto sulla qualità della vita dei lavoratori, consentendo a migliaia di impiegati poter trascorrere le giornate di festa con le proprie famiglie, ma anche cercare di sostenere il commercio di vicinato che combatte ad armi impari e che nei festivi è sempre chiuso.

Dalle associazioni di categoria arriva un coro unanime: “è troppo tardi”. La liberalizzazione degli orari e dei giorni di apertura delle attività commerciali, prometteva un incremento nei consumi e nel Pil, sottolinea Confesercenti. La realtà è stata ben diversa con un trasferimento di quote di mercato dai piccoli ai grandi. E da allora si è moltiplicato l’effetto desertificazione e il risultato più tangibile è stato un aumento delle difficoltà per i lavoratori e una maggiore pressione concorrenziale sui piccoli negozi, che non dispongono delle risorse - a partire dal fattore lavoro - per sostenere aperture continue. L’imposizione di chiusure obbligatorie non cambierebbe le carte in tavola. «Bisogna riconoscere dunque che il contesto odierno è profondamente diverso - spiega Confesercenti - la vera sfida concorrenziale proviene dal confronto tra il retail fisico e le piattaforme di e-commerce, le quali, grazie alla loro struttura multinazionale e ai vantaggi fiscali, distorcono la competizione». Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente di Federdistribuzione Carlo Buttarelli che si dice “disposto a collaborare”, ma ricorda il rischio che questa legge dirotti ancora una maggiore clientela sul web. Si tratta di una proposta “totalmente anacronistica” per Mario Resca, presidente di Confimprese, che riunisce le grandi catene di negozi. «Invece di andare avanti facciamo dei passi indietro. Il ritorno alle chiusure festive dei negozi sarebbe un danno enorme perché metterebbe a rischio troppi posti di lavoro. Vanno invece giustamente tutelati i lavoratori con turni sostenibili, giorni di riposo e incrementi retributivi per il lavoro festivo». Per Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano, «gli esercizi commerciali svolgono un ruolo cruciale nel mantenere vivibili e accoglienti le città, e non va dimenticato il fondamentale ruolo sociale e di presidio alla sicurezza». Ad essere penalizzati secondo Barbieri sarebbero in particolare i piccoli Comuni perché «dipendono dalle aperture festive per attrarre clienti e sostenere le attività locali». Un no secco alle chiusure per legge arriva dal Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali che chiede di tutelare i consumatori e i lavoratori. «L’industria dei centri commerciali genera un impatto, in termini di occupazione, di quasi 750mila addetti - precisa il presidente Roberto Zoia -. Senza contare che è proprio nei giorni festivi che registriamo il flusso più elevato di presenze, che contribuisce in modo determinante alla sostenibilità economica degli operatori».

Più positivo il mondo dei supermercati.

Carlo Buttarelli

, presidente di

Federdistribuzione

, ha partecipato alla presentazione della proposta di legge e si è detto pronto a «dare il nostro contributo alle necessarie valutazioni e collaborare con le istituzioni su questo provvedimento». Coop ha aggiunto che che ritiene valida, e di fatto la applica già, l’idea di “liberare” dal lavoro i giorni super-festivi. Ha detto

Ernesto Dalle Rive

, presidente

Ancc-Coop

: «Crediamo che un numero molto limitato di chiusure festive obbligatorie possa essere un compromesso possibile tra le istanze dei lavoratori e l’esercizio di impresa senza generare disservizi per i consumatori e senza ledere i principi di liberalizzazione che ci hanno sempre visto favorevoli».


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