Alcuni leader del Consiglio Europeo si preparano per la foto ufficiale ieri a Bruxelles (Ansa) - Ansa
I leader del Consiglio Europeo, con l'eccezione della Polonia, hanno trovato nella notte un accordo sull'obiettivo di conseguire la neutralità climatica dell'Unione entro il 2050. Lo ha reso noto il presidente Charles Michel. Le conclusioni del Vertice prevedono che il Consiglio Europeo torni sulla questione in giugno con l'obiettivo di convincere la Polonia a unirsi agli altri 26 Stati membri sulla neutralità climatica. L'accordo è già stato accettato da Ungheria e Repubblica Ceca.
Non sono passate neppure ventiquattr’ore dal lancio del Green Deal, il Patto Verde, da parte della neopresidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che già arriva il primo stallo, al Consiglio Europeo. Vertice dominato fino a tarda sera dall’obiettivo numero uno del Patto Verde, la neutralità climatica entro il 2050. Ancora una volta sono i leader dei Paesi dell’Est del gruppo di Visegrad, in particolare soprattutto Polonia e Repubblica Ceca, a bloccare la bozza di conclusioni già praticamente pronta, affiancati anche dall’Ungheria. Tutti gli altri erano in sostanza pronti a dare il via libera alla neutralità nel 2050, soprattutto nell’Europa occidentale. «La Germania – dice la cancelliera Angela Merkel – sostiene le idee che Ursula von der Leyen ha messo in campo». «Faremo tutto il possibile– afferma anche il presidente francese Emmanuel Macron – per convincere tutti i nostri partner che questa transizione è indispensabile e che bisogna realizzare la neutralità carbonio nel 2050».
«L’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 – dice anche il premier Giuseppe Conte – è di assoluta priorità: culturale, sociale ed economica. Dobbiamo essere più ambiziosi». È anche l’occasione per sottolineare la posizioni italiane, con la richiesta che la «flessibilità (nei conti pubblici ndr) venga utilizzata e spesa per gli investimenti green». Non senza un riferimento alla questione dell’ex Ilva, con un riferimento alla richiesta italiana che il fondo da 100 miliardi di euro per la «Transizione giusta» prevista dalla Commissione sia aperto a tutti. «Ci batteremo – spiega – perché il fondo possa essere usato per la transizione energetica nei vari settori industriali. Dobbiamo accompagnare la nostra industria nel riorientamento verso produzione ecosostenibili e l’ex Ilva rientra in questa logica». Non tutti la vedono così, Bruxelles pensa in realtà soprattutto agli Stati dell’Est che devono sostenere costi più ingenti perché ancora più legati a fonti fossili.
Del resto proprio dall’Est ieri, lo dicevamo, è arrivato il fuoco di sbarramento. Il premier ungherese Viktor Orbán sostanzialmente batte cassa: «l’Ungheria – dice - è pronta per aderire all’accordo sull’obiettivo di neutralità climatica dell’Ue, ma dobbiamo evitare che i burocrati di Bruxelles facciano in modo che paghino i Paesi poveri e i popoli più poveri. Servono garanzie economiche». Chiede soldi anche il premier Mateusz Morawiecki che però invece per ora rigetta l’obiettivo del 2050 e avanza richieste spropositate di finanziamenti (qualcosa come 500 miliardi solo per il suo Paese).
L’altro grande scoglio, come farà subito capire il ceco Andrej Babis, è anzitutto il nucleare. La bozza di conclusioni parla della libertà degli Stati membri di scegliere il proprio mix energetico, ma al ceco non basta: vuole un’esplicita menzione dell’energia nucleare come finanziabile nel quadro del Fondo per la transizione giusta. «Raggiungere la neutralità nel 2050 senza il nucleare non è possibile – dice Babis – vogliamo avere la certezza che nessuno ci impedirà di costruire centrali atomiche». Anche l’Ungheria batte sul tasto nucleare, su questo è d’accordo ovviamente anche la Francia che ricorre massicciamente a questo tipo di energia. Solo che Macron non pretende un’esplicita menzione nel testo, perché sa bene che questo si scontra con la netta contrarietà anzitutto di tre Stati membri: la Germania, l’Austria e il Lussemburgo che non ne vogliono sapere.
Soprattutto Orbán e Morawiecki chiedono pretendono precisi impegni finanziari, ma ciò non è per ora possibile, in assenza di un’intesa sul bilancio settennale 2021-2027. Il quale, ironicamente, ieri era il secondo punto all’ordine del giorno. Avrebbe dovuto essere il primo della cena, mentre il clima era nella sessione pomeridiana. Solo che lo stallo ha imposto di dedicare buona parte della cena ancora al tema. Ieri a tarda serata l’intesa appariva ancora lontana.