È il momento di agire. E subito. A Copenaghen, in apertura del summit dell’Onu sul clima, il premier danese Lars Okke Rasmussen ha chiesto ieri una «mobilitazione politica senza precedenti» e un accordo «forte e ambizioso» per ridurre le emissioni nocive. E il responsabile dei preparativi della Conferenza, Yves de Boer, ha aggiunto che si potrà parlare di successo solo se verranno decise «azioni significative e immediate che entreranno in vigore il giorno seguente la chiusura» del vertice.Rasmussen ha invitato a non lasciare cadere l’opportunità: agli oltre cento capi di Stato che parteciperanno al meeting il premier danese ha ricordato che il mondo intero guarda con speranza al summit: «Nelle prossime due settimane Copenaghen sarà Hopenaghen», ha detto giocando sul termine inglese «hope», «speranza». «A conclusione del vertice – ha proseguito Rasmussen – dobbiamo essere in grado di restituire al mondo quello che oggi è stato garantito a noi: la speranza di un futuro migliore». Il premier danese ha quindi esortato i negoziatori a mettere a punto un accordo che sia «forte ed ambizioso». «Le differenze potranno essere superate se ci sarà la volontà politica – ha detto Rasmussen – Ed io credo che ci sia». «La scienza non è mai stata così chiara. Le soluzioni non sono mai state così tante, la politica non è mai stata così forte: facciamo l’accordo», gli ha fatto eco Connie Hedegaard, ex ministro dell’Ambiente danese, eletta presidente della Conferenza poco dopo l’inizio dei lavori. L’annuncio che Obama sarà presente alla fase finale del negoziato ha ravvivato l’ottimismo. Ma i colloqui dovranno superare le divisioni tra Paesi ricchi e poveri sui costi dei tagli alle emissioni. L’obiettivo è raggiungere un patto che sostituisca il Protocollo di Kyoto in scadenza nel 2012. La partecipazione della società civile all’evento è massiccia: secondo gli organizzatori sono già arrivate nella capitale danese circa 15mila persone. E una petizione on-line organizzata da 226 partiti verdi è stata firmata da 10milioni di persone di tutto il mondo per chiedere ai leader di concludere un accordo che sia «equo, ambizioso e obbligatorio».Da Londra il premier britannico Gordon Brown ha lanciato un appello ai leader mondiali affinché al summit si raggiunga un accordo che diventi «giuridicamente vincolante entro sei mesi». Anche il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon si è detto ottimista: il vertice porterà ad «un accordo firmato da tutti gli Stati» dell’Onu. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha detto che «l’Italia vuole un accordo politicamente vincolante. Non possiamo accettare accordi che per qualcuno sono un suggerimento e per altri un obbligo».Ma sul summit, nel giorno dell’apertura, ha aleggiato pesante lo scandalo del climagate. Rajendra Pachauri, presidente dell’Ipcc (l’Intergovernmental Panel on Climate Change, il gruppo internazionale di ricercatori che studia il surriscaldamento climatico), si è difeso sostenendo che lo scandalo delle e-mail rubate potrebbe essere stato un tentativo per minare la credibilità del suo gruppo. E ha ribadito che i dati impressionanti contenuti nell’ultimo rapporto Ipcc – crescita del livello del mare, scarsità d’acqua, sparizione della calotta polare – sono incontrovertibili.