Il Centro pediatrico di Nyala, in Sud Darfur, devastato dopo l'arresto dello staff - Emergency
Mentre proseguono i combattimenti nella regione martoriata del Sud Darfur, in Sudan, giunge notizia che alcuni membri dello staff sudanese del Centro pediatrico di Emergency a Nyala sono stati tenuti in arresto per una settimana dalle Forze rapide di supporto (Rsf). Rilasciati stamani con le scuse di Rsf, stanno bene ma hanno trovato il Centro saccheggiato e devastato. Per questo, informa un comunicato, Emergency si trova costretta a sospendere l'attività del Centro pediatrico di Nyala.
Come si vede dalle immagini che pubblichiamo, sono stati danneggiati i locali e le attrezzature ma, quel che è peggio, "è stata violata la sicurezza dello staff sudanese che da due mesi gestisce l'ospedale in autonomia pur di garantire l’assistenza necessaria ai bambini, alle madri e ai pazienti cardiopatici di Nyala e dei centri vicini".
Il Centro pediatrico di Nyala, in Sud Darfur, devastato - Emergency
"Dallo scoppio della guerra lo scorso 15 aprile - prosegue la nota dell'ong- il Centro ha continuato il proprio lavoro per garantire l’assistenza essenziale a una popolazione fortemente colpita dal conflitto. Nelle ultime tre settimane era rimasto aperto con grandi difficoltà a causa dell’intensificarsi dei combattimenti. I colleghi sudanesi sono stati i primi a chiedere di tenere aperto il Centro pediatrico. Vedono in prima persona l’impatto del lavoro di Emergency sulla propria comunità, ogni giorno, e per questo non si sono mai tirati indietro. Tuttavia, senza rassicurazioni sulla sicurezza dello staff, dei pazienti e sulla possibilità di lavorare in modo indipendente non sarà possibile riaprire l’ospedale".
Il Centro pediatrico di Nyala, in Sud Darfur, devastato - Emergency
Anche nella capitale Khartoum, informa Emergency, "la gestione delle strutture sanitarie sta diventando sempre più difficile. La città è irriconoscibile, dilaniata dai bombardamenti che vanno avanti da oltre sei mesi, la maggior parte degli ospedali sono chiusi per inagibilità o perché non sono più in grado di garantire assistenza per la mancanza dei farmaci e del materiale necessario". A Khartoum l'ong prosegue "faticosamente" la sua attività anche con personale internazionale presso il suo Centro Salam di cardiochirurgia e il Centro di chirurgia di urgenza e traumatologia dove "scarseggiano i farmaci, i materiali di consumo e il carburante necessario a far funzionare i generatori. Mancano le autorizzazioni per far arrivare il materiale sanitario e manca anche il personale" in quanto "molti colleghi sudanesi hanno dovuto lasciare il Paese a causa dell’aumento dei combattimenti e vengono ricevuti con molta lentezza i visti per il personale internazionale che sta aspettando da mesi di entrare per dare il cambio ai colleghi".
Cosa succede in Sudan e perché c'è la guerra civile
Dal 15 aprile la guerra civile tra le forze regolari fedeli al capo dell'esercito Abdel Fattah al-Burhan e le forze paramilitari di supporto rapido (Rsf), comandate dal suo ex vice Mohamed Hamdan Daglo, ha ucciso più di 9.000 persone e provocato oltre 5,6 milioni di sfollati.
I due generali stanno cercando di guadagnare punti sul campo militare concentrando i loro sforzi su Nyala, la seconda città del Paese, che si trova nel cuore del Darfur.
Nella capitale Khartoum l'aviazione del generale Abdel Fattah al-Burhane non è riuscita a sloggiare i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Sfr) del generale Mohamed Hamdane Daglo. Nel resto del Paese, l'esercito presidia l'Est mentre i paramilitari avanzano nel Darfur, il loro storico bastione al confine occidentale con il Ciad.
Se sul campo la situazione non si sblocca, a tutto danno della popolazione civile, sono in una fase di stallo anche i negoziati in corso a Gedda, mediati dall'Arabia Saudita. Nessuna delle due parti intende fare concessioni al tavolo delle trattative. Obiettivo dei colloqui è "facilitare la consegna di aiuti umanitari, stabilire un cessate il fuoco e procedere verso una cessazione permanente delle ostilità", ha detto l'altro giorno il ministero degli Esteri saudita, precisando che "i negoziati non affronteranno questioni politiche più ampie". I precedenti tentativi di mediazione si sono tradotti in tregue brevi, e anche queste sono state sistematicamente violate.