venerdì 14 marzo 2025
La drammatica lettera degli studenti dell'università cattolica del Graben, nel nord-est della Repubblica democratica del Congo devastato dalla guerra dell'M23 sostenuto dal Ruanda
Soldati dell'esercito congolese impegnati in un'operazione di pattugliamento

Soldati dell'esercito congolese impegnati in un'operazione di pattugliamento - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

«Noi, studenti universitari di Butembo-Beni, provincia del Nord Kivu (est della Repubblica democratica del Congo, Rdc) lanciamo un grido d'allarme». Comincia così il drammatico appello per la pace e la sicurezza nella regione lanciato dal Consiglio studentesco dell'università cattolica del Graben. «Esprimiamo la grande stanchezza nostra e del popolo congolese - proseguono gli universitari -. Da troppo tempo siamo aggrediti, massacrati, uccisi, privati delle libertà fondamentali, spogliati della dignità umana. Abbiamo bisogno di pace e sicurezza». Ricordando che la Rdc vive in guerra da più di trent'anni e che «bambini, donne e uomini sono esposti ad atrocità, violazioni dei diritti umani, violenze sessuali», osservano che questa guerra è nata ancor prima che loro nascessero. «Ha prodotto miseria, milioni di sfollati interni, milioni di morti. La comunità internazionale ha avuto un atteggiamento passivo».

Dallo scorso gennaio le violenze nell'Est si sono aggravate, «accentuate dalla guerra di aggressione condotta dal Ruanda attraverso le milizie dell'M23/Afc che saccheggiano, uccidono, terrorizzano, organizzano il reclutamento forzato». Gli studenti denunciano: «Operano sul nostro territorio diverse centinaia di gruppi armati locali o stranieri e ribellioni. Eppure, noi abbiamo diritto alla vita, come tutti i cittadini del mondo». Osservando poi che «non c'è più bisogno di provare che alla base di questa tragedia ci sono ragioni economiche ed espansionistiche», lanciano un allarme: «Gli interessi materiali fanno di noi delle prede: le nostre risorse minerarie, necessarie per la transizione tecnologica ed energetica, sono fra le più ambite dalle potenze mondiali. Ma per accedervi è proprio necessario ucciderci, condannarci alla miseria, distruggere le nostre città, le nostre case, il nostro ambiente?».

Gli studenti rivendicano quindi il diritto dei congolesi in primis a godere delle risorse naturali del proprio territorio: «Vogliamo che queste nostre ricchezze vadano a vantaggio delle figlie e dei figli della Rdc. Vogliamo che le potenze negozino direttamente con la Repubblica democratica del Congo per partenariati condotti in equo e pacifico, nell’interesse di tutti i popoli». Il prerequisito per parlare di trattative commerciali è la fine delle violenze: «Con la guerra, tutto è perduto. Permetteteci di vivere! Mangiare, studiare, lavorare, riflettere, produrre. Ridateci la pace. Occorre privilegiare il dialogo per arrivare alla pace». In conclusione, gli studenti si appellano all'azione internazionale: «Lanciamo dunque un appello pressante e urgente a tutti gli attori sulla scena internazionale, affinché svolgano correttamente il proprio ruolo. Devono operare per far sì il mondo ritrovi pace e sicurezza, per far sì che tutti i popoli del mondo abbiano finalmente una vita serena. Non abbiamo né industrie di produzione di armi, né laboratori di armi nucleari. Perché imporci la guerra? Vogliamo pace e sicurezza, senza condizioni».

Miniere e lavorazione di rame e cobalto nel sud della Repubblica democratica del Congo

Miniere e lavorazione di rame e cobalto nel sud della Repubblica democratica del Congo - Reuters

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: