Un accordo sullo sfruttamento delle risorse petrolifere è stato raggiunto in extremis ad Addis Abeba tra emissari del Sudan settentrionale e del Sud Sudan, che in caso di ennesima rottura rischiavano pesanti sanzioni internazionali da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che del resto aveva fissato per giovedì una scadenza perentoria, ancora una volta non rispettata. L'intesa è stata annunciata nella capitale etiopica dall'ex presidente sudafricano Thabo Mbeki, a suo tempo nominato mediatore ad hoc dall'Unione Africana. Il documento verte essenzialmente sulle modalità di transito del greggio estratto nei “wilayat” meridionali, gli Stati in cui è suddiviso il Paese più giovane del mondo, che conquistò l'indipendenza soltanto nel luglio 2011. È lì che si concentrano infatti la maggior parte dei giacimenti sudanesi, cui non corrispondono tuttavia infrastrutture adeguate, in particolare gli accessi al mare. L'accordo fissa infatti l'entità dei pagamenti che, per potersi servire dei loro porti, il Sud dovrà pagare alle autorità di Khartoum.Queste ultime hanno confermato la positiva conclusione dei negoziati, definita "ragionevole", ma ne hanno condizionato la concreta attuazione a un'ulteriore tornata di trattative, imperniate soprattutto sulle questioni di sicurezza e sulle controversie territoriali ancora irrisolte per alcune aree strategiche di confine: a cominciare dal distretto di Abyei, di fatto spartito tra i due Stati e ricco tanto di idrocarburi quanto di suolo fertile. Lo stesso Mbeki ha ammesso che il confronto dalle parti è ben lungi dall'essersi concluso, riguardando soltanto gli aspetti eminentemente finanziari della contesa, i cui dettagli non sono peraltro stati resi noti; mentre per gli esperti occorreranno comunque diversi mesi prima che Juba possa riprendere a pieno ritmo la propria produzione di petrolio.