giovedì 8 maggio 2014
​Chiusi i seggi. L’Anc dovrebbe reggere al 60% . Non è tanto in gioco la vittoria, ma la conservazione del potere.
LE STORIE Incontro a Robben Island (Paolo M. Alfieri)
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«È un diritto che ci siamo conquistati con grande fatica. Per questo è giusto che soprattutto i giovani, quelli che votano per la prima volta, vengano numerosi: si tratta del loro futuro». Phil, 75 anni, ha appena votato al seggio del Civic center di Città del Ca­po. Sa, però, che sarà la generazione dei “nati li­beri” a poter determinare questa volta la misura della vittoria dell’African national congress (Anc), il partito che fu di Nelson Mandela. Giovani co­me l’emozionata 19enne Tish. «Tocca a noi ora – dice –. Sono cresciuta in una famiglia di attivisti, durante l’apartheid mio padre è stato anche in esilio in Australia. Ho votato Anc, perché lì sono le mie radici. Ma la prossima volta sarò pronta a cambiare se i risultati non arriveranno».  Sono tanti i ragazzi che si presentano al seggio con il baschetto rosso diventato il simbolo di un nuovo partito, Economic freedom fighters (Eff), guidato dal 33enne populista Julius Malema. «Vo­gliamo che le banche e le miniere vengano na­zionalizzate e che si ridistribuiscano le terre fa­vorendo di più i neri – spiega il 21enne Moses –. Basta con l’Anc, ha fallito». Ieri il Sudafrica è tor­nato alle urne per la quinta volta dall’avvento della democrazia per le legislative e le provin­ciali. Gli iscritti al voto, andato avanti fino alle 21, erano 26 milioni. L’Anc supererà probabilmente anche stavolta il 60 per cento, ma il dato dell’af­fluenza e il voto dei giovani e degli scontenti per la situazione economica potrebbe influire sulla dimensione del successo, indebolendo il presi­dente Jacob Zuma. «I risultati saranno ottimi», ha assicurato quest’ultimo dopo aver votato in u­na scuola a Nkandla ed essere stato accolto in maniera entusiasta dai sostenitori, che ne han­no approfittato per tempestarlo di fotografie. Nei giorni scorsi, Zuma ha giustificato la farao­nica ristrutturazione della sua villa nella zona, per una spesa di 23 milioni di dollari di fondi pubblici, con la necessità di avere maggiore si­curezza dopo lo stupro subito da una delle sue quattro mogli. La violenza, però, risale a più di 15 anni fa.La principale rivale, la leader della Democratic Al­liance (Da), Helen Zille, ha votato a Città del Ca­po, metropoli di cui è stata sindaco prima di vin­cere la corsa a premier della provincia del We­stern Cape. Provincia che anche questa volta la Da dovrebbe riuscire a mantenere, mentre l’Anc, nonostante le difficoltà, dovrebbe non lasciarsi sfuggire quella del Gauteng, che ospita Johan­nesburg e la capitale Pretoria. «Qui nel Western Cape la Da ha governato molto bene – ci tiene a sottolineare Elizabeth, 20 anni –. Non capisco perché i neri, nemmeno i miei coetanei, la pren­dano in considerazione, veniamo sempre consi­derati il partito dei bianchi. Zille ha lottato con­tro l’apartheid, siamo liberali e prima o poi deve esserci data una chance». I risultati definitivi del­le elezioni non dovrebbero essere resi noti prima di sabato, ma già oggi potrebbe emergere una chiara indicazione sugli esiti della consultazio­ne. L’insediamento del nuovo Parlamento – che procederà alla elezione del presidente – è previ­sto per il 24 maggio, a vent’anni esatti dal giura­mento del primo presidente nero, Nelson Man­dela. La giornata elettorale è trascorsa in manie­ra abbastanza tranquilla, dopo qualche tensio­ne alla vigilia. Martedì notte, infatti, l’area di Bekkersdal, una township a ovest di Johanne­sburg abitata da 50mila persone, è stata presi­diata dalle forze dell’ordine dopo che gruppi di giovani avevano dato alle fiamme tre seggi elet­torali per poi fuggire. Il malcontento generale, tuttavia, è palpabile in tutto il Paese, dalle zone rurali – dove gli investimenti sono rallentati – al­le regioni minerarie, in preda a uno sciopero pro­lungato da gennaio.La disoccupazione riguarda ormai una persona su quattro e solo i benefit governativi consento­no ormai a milioni di persone di tirare avanti. L’e­conomia, però, quest’anno non dovrebbe cre­scere più del 2 per cento, nonostante l’ottimismo di Zuma che ha promesso, durante il suo nuovo mandato presidenziale, la creazione di cinque milioni di posti di lavoro.
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