martedì 3 maggio 2011
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Chi comanderà ora? La morte di Osama Benladen apre una serie di incognite sulla leadership, sulla struttura e sulla capacità “operativa” della rete del terrore. La sua scomparsa può portare all’implosione di al-Qaeda o quanto meno alla sua frantumazione, come sostiene l’esperto americano di terrorismo Paul Cruickshank? O, al contrario, la struttura “acefala” che molti analisti attribuiscono ad al-Qaeda – con lo sceicco del terrore che si era ritagliato il ruolo di ideologo – è in grado di assorbire senza troppi scossoni la morte del capo, grazie a cellule dotate di una forte autonomia? Molto dipenderà da chi assumerà ora la guida. Per il generale a riposo Hamid Gul, ex numero dell’Isi, il potentissimo (e chiacchierato) servizio segreto pachistano non ci sono dubbi: sarà l’attuale numero due di al-Qaeda, il medico egiziano Ayman al-Zawahiri a prendere in mano le redini dell’organizzazione.Nato nel 1951 da una famiglia benestante del Cairo (nipote del grande imam dell’università Al-Azhar), all’età di 14 anni al-Zawahiri decise di unirsi ai Fratelli musulmani, per poi passare all’ancor più estremista Jihad islamica. Quando il presidente egiziano, Anwar Sadat, venne assassinato, il suo nome figurò tra quelli delle 301 persone arrestate. L’incontro con Osama avvenne negli anni ’80, nella città pachistana di Peshawar durante la guerra contro l’invasore sovietico in Afghanistan: entrambi operavano sotto la guida del palestinese, Yusuf Azzam, per poi fondare insieme al-Qaeda. Nel 1990 al-Zawahiri tornò in Egitto per mettere a frutto le esperienze in Afghanistan e spingere la Jihad Islamica su posizioni sempre più radicali. Tra i candidati alla guida della “Base” spiccano però anche altri nomi, tra cui il delfino Saif al-Adel, comandante delle operazioni in Europa, il veterano del Kuwait, Suleiman Abu Ghaith, e lo stratega marocchino, Abu Hafiza. Cosa cambierà ora? Secondo Asia Times, in realtà il piccolo e selezionato gruppo di dirigenti di al-Qaeda che dovrà continuare la guerra del terrore sarebbe stato designato prima della morte. Dallo stesso Benladen. I criteri organizzativi che ne hanno scandito l’esistenza sono da sempre, secondo gli analisti, pensati da Zawahiri. «Pertanto i meccanismi operativi resteranno identici al passato». Una cosa invece cambierà. La morte di Benladen «segnerà l’inizio di uno spostamento del teatro principale di guerra dall’Afghanistan al Pakistan». L’istituzione militare pachistana – scrive ancora AsiaTimes – sarà il bersaglio della prossima (devastante) guerra di al-Qaeda. Secondo Michael Hayden, ex direttore della Cia, sentito dall’agenzia Bloomberg, Zawahiri «manca all’interno di al-Qaeda dell’ampio sostegno e del carisma sui cui poteva contare Benladen. Un egiziano come Zawahiri potrebbe avere problemi a unificare un gruppo all’interno del quale si è prodotta una spaccatura tra i soci del gruppo egiziano e gli altri membri». Anche secondo Arshi Saleem Hashmi, senior researcher dell’Institute of Regional Studies di Islamabad, ascoltato dall’Adnkronos International il medico egiziano «continuerà a guidare» la rete del terrore che non sceglierà «subito un nuovo leader». Nella galassia di al-Qaeda «esistono ormai diversi gruppi indipendenti, anche a livello finanziario, che non hanno bisogno di leader come Benladen».«Se al-Qaeda è stata indebolita dalla morte del suo leader, è presumibile che cercherà di dimostrare che è ancora capace di colpire», avverte Dan Byman, direttore del Centro per la Pace e di studi sulla sicurezza presso la Georgetown University di Washington. Uno dei successi di Benladen «è stato creare un’organizzazione in grado di sopravvivergli».
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