«È il momento di riportare la normalità tesaurizzando quanto ottenuto, cercando una maggiore coesione interna e aggregandosi alle altre forze democratiche, anche della politica». Il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di Hong Kong, non nasconde le sue simpatie per il movimento di protesta in corso – a cui ha partecipato attivamente sin dall’inizio e ancora l’altra notte, nonostante gli 82 anni, ha dormito con loro in piazza –, ma chiede di fermare i disagi per la popolazione.
Perché ritiene che gli attivisti debbano fare un passo indietro? Troppo alto è il rischio di ira, violenza, infiltrazioni. Per questo penso sia il momento di ritirarsi. Nella tattica militare, la ritirata non è una sconfitta. Agli studenti ho detto e ho scritto ritenendomi uno di loro: abbiamo detto chiaramente quello che vogliamo, abbiamo dimostrato lo scarso interesse al dialogo del governo, con il consenso del popolo possiamo rilanciarci. Estendendo la protesta, gli studenti e gli aderenti al movimento Occupy Central si sono messi in una situazione pericolosa. Ancor più perché i loro antagonisti hanno dimostrato di usare persone e metodi non in linea con la legalità.
Nelle strade, dal 22 settembre sono soprattutto giovani tra 15 e 30 anni. Qual è la ragione? Perché sono irruenti, ma anche perché hanno in qualche modo tolto l’iniziativa al movimento Occupy Central, che aveva preventivato un’occupazione simbolica, nonviolenta del distretto finanziario dal primo ottobre, ma è stato costretto a anticiparlo al 28 settembre dall’avvio, il 21, del boicottaggio delle lezioni e dell’avvio dell’azione di blocco delle aree attorno alle sedi governative proclamati dalla Fede- razione degli studenti e da Scholarism. Azioni in parte male pianificate e in parte male interpretate, che hanno poi fatto scattare la repressione di due domeniche fa.
C’è il rischio che il governo reprima studenti e democratici e come la politica di opposizione nel parlamentino locale vede la situazione? Certo. Rischio ridotto in scuole e università, nelle scuole, per il sostegno dei presidi e rettori alle ragioni degli studenti, maggiore per altri. A spiegare la situazione attuale è anche il fallimento della politica dei partiti democratici. I loro leader attuali non sono popolari e tempo fa hanno avviato un dialogo segreto con Pechino che – scoperto – li ha screditati. Tuttavia, stanno impegnandosi per avviare le trattative tra studenti e governo. Oggi è previsto l’inizio dei lavori parlamentari ed è possibile che chiedano l’incriminazione del capo dell’esecutivo, CY Leung.
Qual è oggi il rapporto tra popolazione di Hong Kong e potere cinese? Una popolazione abitualmente laboriosa vede crescere il divario tra ricchi e poveri, deboli e potenti favorito dalla stretta associazione del grande business locale con gli interessi di Pechino. Si tende a lavorare meno, a cercare vantaggi immediati, si alimenta la corruzione. Un contrasto enorme con la dignità, l’impegno, la solidarietà del passato. In questa situazione, l’elezione del capo dell’esecutivo acquista un’importanza enorme: se è designato da Pechino, ne cura gli interessi; se è eletto dai ricchi di Hong Kong fa i loro interessi. Tutto questo non è però vissuto nel disinteresse e nemmeno senza reazioni. Da qui la crescita di movimenti come Occupy Central, fondato da intellettuali, l’impegno dei politici e dei sindacati di area democratica. Ora anche dei gruppi studenteschi.