
Tir in attesa di essere caricati nei pressi del porto di Shanghai - REUTERS
Buona la prima. Ma il vero campo di prova deve ancora arrivare. Secondo i dati rilasciati dall'Ufficio Nazionale di Statistica (Nbs), il Prodotto interno lordo cinese è cresciuto del 5,4% nel primo trimestre dell’anno, “sfondando” le aspettative di un'espansione del 5,1% e proseguendo “la recente fase di crescita sorprendentemente forte, trainata dalle esportazioni registrata alla fine del 2024”. La performance - come sottolinea la Cnn - riguarda i primi tre mesi dell’anno, “periodo particolarmente turbolento” per le relazioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, segnato dalle prime due serie di dazi (per un totale del 20%) con cui l’Amministrazione Usa ha dato il via alla nuova guerra commerciale contro Pechino. I dati non catturano, però, l'impatto dei dazi aggiuntivi "reciproci" sulle importazioni cinesi, entrati in vigore ad aprile, misure che superano un impressionante 145% e che costituiscono il vero test attraverso il quale dovrà passare l’economia del gigante asiatico. Il “bollettino” della guerra commerciale "si vedrà nei dati macroeconomici del mese prossimo", conferma Zhiwei Zhang, presidente e capo economista di Pinpoint Asset Management.
Le vendite al dettaglio, un indicatore chiave della domanda dei consumatori, sono aumentate del 4,6% su base annua, ha affermato ancora l'Nbs, mentre la produzione industriale è balzata del 6,5% nel primo trimestre dell'anno, rispetto al 5,7% registrato negli ultimi tre mesi del 2024. Gli stimoli governativi hanno stimolato i consumi e sostenuto gli investimenti, ha dichiarato alla Reuters Xu Tianchen, economista senior dell'Economist Intelligence Unit, definendo il ritmo del 5,4% "un ottimo inizio".
"Le basi per una ripresa economica e una crescita sostenute devono ancora essere consolidate", spiega l'Nbs, aggiungendo che sono necessarie "politiche macroeconomiche più pro attive ed efficaci". "L'economia nazionale ha avuto un avvio stabile e positivo, proseguendo la tendenza al rialzo", ha dichiarato Sheng Laiyun, vicedirettore dell'Ufficio Nazionale di Statistica. "Tuttavia – ha ammonito - dobbiamo anche considerare che l'attuale contesto esterno sta diventando più complesso e severo e che l'effettivo slancio di crescita della domanda interna è insufficiente".
Alla domanda sull'impatto dei dazi, Sheng ha osservato che la Cina si oppone alle barriere tariffarie statunitensi e al "bullismo commerciale". Sebbene i dazi eserciteranno una "certa pressione" sull'economia cinese, "non possono cambiare la tendenza generale del continuo miglioramento economico a lungo termine della Cina", ha affermato. "Le fondamenta economiche della Cina sono stabili, resilienti e hanno un grande potenziale, quindi abbiamo il coraggio, la capacità e la fiducia per affrontare le sfide esterne e raggiungere gli obiettivi di sviluppo prefissati", ha aggiunto.
Quale sarà l’impatto della strategia Usa, strategia che – secondo il Wall Street Journal – mira a isolare la Cina, usando proprio l’arma dei dazi? Secondo il quotidiano finanziario Usa, "i funzionari statunitensi intendono utilizzare i negoziati con oltre 70 nazioni per chiedere loro di vietare alla Cina di spedire merci attraverso i loro territori, impedire alle aziende cinesi di insediarsi nei loro territori per eludere i dazi statunitensi e non assorbire i beni industriali cinesi a basso costo nelle loro economie. Tali misure mirano a intaccare l'economia cinese e a costringere Pechino a sedersi al tavolo delle trattative con meno potere decisionale in vista di potenziali colloqui tra Trump e il presidente cinese Xi Jinping".

Il presidente cinese Xi Jinping in visita in Malaysia - ANSA
La partita, nella quale economia e politica sono fatalmente intrecciate, vede (al momento) Pechino tutt’altro che passiva e in difesa, come testimonia la “diplomazia del vicinato” con Xi che è volato in Vietnam, Cambogia e Malaysia per rafforzare la sfera di influenza regionale cinese. Ma è soprattutto attraverso la mossa sulle terre rare che Pechino ha mostrato come intende giocarsi le sue carte. Il 4 aprile, dopo anni di velati avvertimenti, il governo cinese ha imposto restrizioni all'esportazione su sette tipi di minerali di terre rare, come parte della sua ritorsione contro i dazi "reciproci". Il predominio della Cina nel campo delle terre rare potrebbe essere uno dei suoi strumenti più potenti da usare nella guerra commerciale con gli Stati Uniti. I minerali sono componenti vitali per i tipi di tecnologia avanzata che definiranno le "geometrie" del futuro (e relative gerarchie). “E a differenza dei dazi, è un fronte in cui Trump ha poco spazio per reagire con le stesse modalità”, scrive la Cnn. La Cina rappresenta il 61% della produzione globale di terre rare estratte, ma il suo controllo sulla fase di lavorazione è del 92% della produzione globale, secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia.