martedì 21 aprile 2009
L’offensiva finale dell’esercito: «Abbiamo liberato 30mila civili» Kamikaze tra i fuggitivi: 17 morti
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Civili in fuga a migliaia, «liberati» se­condo i proclami dell’esercito di Co­lombo, «costretti a fuggire» e «bersa­glio » del fuoco dei militari per le Tigri tamil. Sembra ormai vicina, nello Sri Lanka, la re­sa dei conti, la risoluzione di un conflitto che si trascina da anni e che sembra stia viven­do le fasi conclusive (e più sanguinose). Non si spara soltanto: la guerra tra esercito e ri­belli va avanti anche con le parole e i proclami. Due ver­sioni totalmente rovesciate dei fatti “armano” la propa­ganda delle due parti in cau­sa: per l’esercito è ormai im­minente la «liberazione» dai ribelli, per le Tigri quello che si sta consumando in questi giorni sarebbe un vero «ge­nocidio » etnico. Secondo fonti governative, ieri dai 30 ai 35 mila civili intrappolati dal­l’Esercito di Liberazione delle Tigri tamil (Lt­te) nel nord est del Paese, sono riusciti a fug­gire. I civili, secondo le forze armate di Co­lombo, erano ostaggio delle Tigri e tre divi­sioni dell’esercito cingalese impegnate nel­la guerra per «annientare» i ribelli, hanno impiegato la mattinata per liberare i civili «intrappolati» in un’area di tre chilometri a Pudumathalan. Il governo di Colombo non si è risparmiata una certa dose di enfasi, de­finendo gli scontri come «la più grande o­perazione di salvataggio di ostaggi mai rea­lizzata ». Come riporta l’agenzia AsiaNews, il generale di brigata Udaya Nanayakkara, por­tavoce dell’esercito, ha affermato che le o­perazioni non sono finite e l’avanzata dei militari è destinata a proseguire. Da parte sua Keheliya Rambukkwella, ministro della Difesa, ha lanciato un ultimatum all’Ltte dando ai ribelli 24 ore di tempo per arren­dersi. Secondo le stesse fonti, sarebbero ancora molti i civili che attendono di essere porta­ti in zone sicure e che rimangono ancora sot­to il controllo dei tamil. Durante la fuga dei civili, scrive un comunicato del ministero dell’Interno, un kamikaze si è fatto esplode­re, uccidendo almeno 17 persone. A sua volta l’agenzia Tamilnet, vicina all’E­sercito di liberazione delle tigri Tamil, affer­ma che molte centinaia di civili potrebbero essere morti o feriti a causa dell’offensiva dell’esercito nella cosiddetta «zona di sicu­rezza » a Pokkànai. Da mesi l’esercito cinga­lese ha sferrato una offensiva per liberare tutte le zone occupate dall’Ltte, che 25 anni fa ha dichiarato di voler ottenere l’indipen­denza del nord. Secondo Tamilnet aspri scontri hanno in­sanguinato la zona dei laghi ed i militari a- vrebbero lanciato un razzo contro l’ospeda­le di Puthumaaththàlan, costringendo i pa­zienti alla fuga. I medici con i pazienti più gravi sono chiusi in un bunker, aggiunge an­cora la fonte, mentre testimoni hanno rife­rito «di scene di panico di gente in fuga, fra morti e feriti abbandonati nelle strade». Governo e ribelli parlano di «grande confu­sione » nella zona in cui restano ancora al­meno 100mila civili, intrappolati nei 20 chi­lometri quadrati in cui le due parti si com­battono. L’Onu ha calcolato che negli ultimi tre mesi di scontri sono stati uccisi al­meno 4500 civili, decine di migliaia i feriti. Gli organi­smi umanitari continuano ad accusare i ribelli di utiliz­zare la popolazione come scudi umani e l’esercito di a­prire il fuoco indiscrimina­tamente sui civili. Le reiterate richieste di un cessate il fuoco fatte dalla comunità inter­nazionale, dalla società civile del Paese e dal­la Chiesa dello Sri Lanka rimangono dun­que inascoltate. Onu e organismi umanita­ri ripetono ormai da tempo che il nord del Paese è in preda ad una grave crisi umani­taria. Mancano i beni di prima necessità ed è sempre alto il rischio di contagi. Manifestazione di protesta di migliaia di Tamil davanti alla camera dei Comuni a Londra (Epa)
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