E' una delle speculazioni più odiose. Perché condotta letteralmente sulla pelle dei malati, dei bisognosi, dei più poveri. E perché, oltre a illudere e fare perdere tempo prezioso di cura, spesso mette a rischio la vita stessa delle vittime. Quella dei farmaci contraffatti ( 500 morti l’anno nel mondo) è una nuova piaga che minaccia l’Africa. Si considerano tali « le medicine che, intenzionalmente e dolosamente, non concordano con provenienza e descrizione riportate sull’etichetta o sulla confezione». Sebbene non sia ancora stata formulata una definizione soddisfacente a livello internazionale, quella fornita dall’Organizzazione mondiale della sanità ( Oms) è attualmente la più considerata. Il Center for Medicine in the Public Interest ( Cmpi), un’organizzazione indipendente di ricercatori, stima che globalmente il giro d’affari della contraffazione di farmaci sarà di 75 miliardi di dollari nel 2010, il doppio rispetto a quello del 2005. Dall’Asia, da cui erano partiti i primi drammatici allarmi, questo fenomeno di natura criminosa si è trasferito nel Continente nero, dove la popolazione ha disperato bisogno di medicine e molti governi non dimostrano un serio impegno nel combattere il traffico. Aggravato dal fatto che la scarsità di risorse spinge molte persone a rivolgersi al mercato nero, dove i rischi di imbattersi in prodotti non sicuri è altissimo. La situazione è doppiamente grave. Da una parte, secondo l’Oms, circa il 60% dei farmaci che arrivano nel Continente sono inutili o inefficaci – in quanto pensati per curare patologie tipiche dell’Occidente – oppure scaduti. D’altra parte, cresce appunto il fenomeÈ no delle truffe, che può assumere varie forme: c’è chi produce ' false' medicine con acqua, zucchero e amido, quando non sostanze tossiche; ci sono industrie che per risparmiare riducono la quantità di principio attivo o limano le dosi; c’è infine chi acquista partite in scadenza e cambia le etichette. « I contraffattori sono diventati molto bravi a imitare le confezioni originali » , spiega Albert Wertheimer, farmaco- economista all’americana Temple University. In Africa, ad esempio, sono già state trovate perfette imitazioni dei prodotti della Holleypharm, che produce antimalarici nella sua fabbrica di Chongqing, nella Cina centrale. La maggior parte delle medicine 'false' sembrano appunto provenire dal grande Paese asiatico, che nel campo dei farmaci ricopre un ruolo ambiguo: secondo gli esperti, infatti, le fabbriche cinesi sono le più legittimate a produrre farmaci grazie alla cultura millenaria legata anche alla medicina tradizionale, ma nello stesso tempo il governo di Pechino fatica a contrastare il fiorente mercato dei medicinali fasulli. Nel 2007, è stato addirittura giustiziato un ufficiale governativo che ne aveva sdoganata una grossa partita. I farmaci arrivano anche da India, Europa e Stati Uniti. Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica ad accesso libero PLoS ha documentato come un’ingentissima quantità di antimalarici contraffatti si trovi ormai dappertutto in Africa. I test affermano che il 35% dei medicinali venduti in sei Paesi ( Uganda, Kenya, Ghana, Nigeria, Ruanda, Tanzania) non contiene sufficienti principi attivi o che essi non si assimilano in maniera adeguata. Inoltre, il 78% dei farmaci è costituito da monoterapie a base di artemisia, la pianta che costituisce il principale ingrediente per combattere la malaria. Ma dal gennaio 2006 l’Oms ha vietato l’uso di monoterapie, intimando alla case farmaceutiche di produrre antimalarici composti da una combinazione di diverse molecole. Nel maggio 2007, la stessa Oms è riuscita a bloccare ufficialmente il commercio di monoterapie a base di artemisia, tuttavia solo 40 su 74 aziende a livello mondiale ne hanno interrotto la produzione. E 42 nazioni, 18 delle quali nell’Africa subsahariana, permettono ancora alle case di vendere tali prodotti. « I farmaci scadenti – ha dichiarato Roger Bate, dell’American Enterprise Institute, responsabile della ricerca citata – non solo mettono in pericolo la salute di oggi, ma rischiano di rendere i parassiti resistenti ai trattamenti antimalarici di domani » . Vi è poi il capitolo delle cure per l’HIV/ Aids e la tubercolosi. E a tale proposito si collega il fatto che sempre più case farmaceutiche svolgono le sperimentazioni dei loro farmaci nei Paesi in via di sviluppo, dove le garanzie e le procedure sono molto allentate, se non annullate. In febbraio una corte statunitense ha accolto il ricorso di alcune famiglie nigeriane intenzionate a fare causa alla Pfizer, accusata della morte e delle lesioni di decine di bambini reclutati per un test durante l’epidemia di meningite del 1996, che uccise dodicimila persone in sei mesi. L’antibiotico sperimentato su 200 piccoli nell’ospedale di Kano, il Trovan, fu somministrato senza il consenso dei genitori. Molti di questi bambini presentano tuttora cecità, deformazioni corporee e danni al cervello. Il colosso farmaceutico ha dichiarato che i test furono effettuati con l’assenso del governo nigeriano e che le famiglie vennero preventivamente informate. Sperimentazioni del genere sembrano essere sempre più frequenti, e se anche il paziente dà il suo consenso, secondo un dossier della rivista Popoli e Missioni, « le informazioni riguardo al farmaco sono sommarie, il controllo terapeutico è insufficiente, e il beneficio per il paziente e per la popolazione è di solito scarso » . All’ultima conferenza internazionale sulla salute pubblica dei ministri della Sanità africani (Camh), i trial clinici sulla popolazione africana da parte di aziende occidentali sono stati definiti l’ennesima «manovra spregiudicata dell’imperialismo » . Le case fanno pressione sui governi affinché diano il via libera alle sperimentazioni sui loro cittadini. E non sono rari i casi di corruzione dei responsabili medici e politici.