La fiesta è durata poche ore. Bandiere azzurre, un po’ di musica sotto al balcone del quartier generale del Partito Popolare – nella calle Genova di Madrid – e poi tutti sono tornati al tran tran quotidiano. Quattro milioni e 978.300 disoccupati non permettono ritardi né incertezze. Ieri il leader del Partito Popolare Mariano Rajoy – neopremier spagnolo in pectore, dopo il trionfo di domenica notte – si è rimboccato le maniche e ha cominciato subito a lavorare per accelerare il passaggio di poteri e chiudere definitivamente la pagina-Zapatero. Fra le prime incombenze, anche una lunga telefonata con il cancelliere tedesco Angela Merkel, che gli ha offerto la sua «collaborazione». Nell’aria c’è tensione e fretta, tanta fretta. La numero due nelle liste del Pp di Madrid, Soraya Saenz de Santamaria, è a capo della squadra che lavorerà per la “transizione” fra governi: un passaggio che va fatto velocemente «e con trasparenza», dati i «problemi straordinari» in corso. Il nuovo Parlamento si riunirà il 13 dicembre e l’investitura di Rajoy potrebbe avvenire il 22 dicembre, per permettere la celebrazione di un primo consiglio dei ministri prima di Natale. La migrazione governativa è già iniziata, in fondo: non è escluso che al vertice europeo del 9 dicembre il premier uscente José Luis Rodriguez Zapatero partecipi insieme al successore Rajoy, anticipando l’insediamento ufficiale. La speranza di oltre 10 milioni di spagnoli che hanno votato il Pp – consegnandogli le chiavi della maggioranza assoluta con 186 seggi – è che il Paese ricominci a marciare a ritmo spedito. Ma Rajoy avverte: «Non faremo miracoli», ci saranno sacrifici, sarà dura e servirà l’«impegno di tutti». La bacchetta magica non esiste, Rajoy è cosciente che nelle prossime ore gli elettori cominceranno immediatamente a reclamare misure concrete per rilanciare la produttività, creare posti di lavoro, ridare fiato ad un sistema economico azzoppato dalla crisi – come in tanti altri Paesi europei – ma anche dalle ingenuità e dalla cattiva gestione firmata da Zapatero. I populares hanno aspettato otto anni per ritornare al governo, ma domenica notte non c’era esaltazione nelle prime parole di Rajoy al Paese: il quasi-presidente ha ricordato che assume le redini «nella più delicata congiuntura economica degli ultimi 30 anni» e che i suoi unici nemici «saranno la disoccupazione, il deficit, il debito eccessivo e tutto ciò che provoca il rallentamento economico». Ottime dichiarazioni di intenzioni che non bastano a calmare i mercati: ieri mattina lo spread – il differenziale fra il bono spagnolo e il bund tedesco – ha toccato quota 470 punti (per poi calare), mentre la borsa ha chiuso a -3,48%. È stato il migliore risultato nella storia del centrodestra, quello di domenica notte: ieri il successo è stato analizzato da Rajoy insieme al Comitato Esecutivo del Pp, che ha annunciato un congresso a febbraio. La velata ambiguità del programma con cui i populares hanno stravinto non cambia la realtà: ora Rajoy deve passare dalle parole ai fatti. Gli elettori, gli economisti, i mercati, Bruxelles, la Germania, i pensionati di Vallejas e gli studenti di Valencia, i disoccupati andalusi e gli imprenditori asturiani: il prossimo premier deve rispondere a tutti e ha poco tempo. «La crisi gli ha dato tutto il potere», sottolinea <+corsivo>El Pais<+tondo>. Una responsabilità enorme. Con un poder absoluto di 186 seggi contro una rachitica opposizione socialista, il nuovo presidente del governo non avrà giustificazioni se fallisce. Il quotidiano conservatore <+corsivo>Abc<+tondo> – il più vicino a Rajoy – gli ricorda i dieci punti più urgenti dell’agenda: dalla lotta alla disoccupazione (al 21,5) ai conti pubblici; dalla riforma lavorativa e fiscale (si attendono ritocchi all’Iva, ma forse anche all’Irpef e alle tasse universitarie) al risanamento del settore finanziario; dalla rigenerazione istituzionale all’educazione, passando per un rilancio di valori morali come lo sforzo, il sacrificio. Il tutto ad una velocità record: una corsa contro il tempo.Non vuole «tecnocratas», Rajoy: non insegue un governo tecnico all’italiana. Il suo toto-ministri è già in atto. La foto di gruppo della notte elettorale (sul balcone della sede del Pp) suggerisce possibili nomine: la giovane Soraya, Dolores de Cospedal, il sindaco di Madrid Alberto Ruiz Gallardon. Ma la vera scelta che tutti attendono con ansia – in Spagna e non solo – riguarda il ministero dell’Economia: la patata più caliente. La notte di domenica è andato in onda il trionfo storico per il Pp, ma anche la più grave sconfitta nella storia del Partito Socialista, fermo a 110 seggi. Il nuovo Parlamento sarà meno bipolare, grazie ad una maggiore presenza dei partiti più piccoli.
Forte della maggioranza assoluta con 186 seggi, il neopremier in pectore vuole affrontare subito i "problemi straordinari" del Paese. "Non faremo miracoli, servirà l'impegno di tutti".
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