martedì 17 settembre 2013
​Parte da Bruxelles il “nuovo corso” della Somalia. Questo l’ambizioso nome della conferenza internazionale – la seconda in quattro mesi – sul Paese africano, dilaniato da 22 anni di guerra. Oggi la visita del presidente Mohamud a Roma, dove incontrerà le alte cariche dello Stato (di Lucia Capuzzi)
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Tre anni per scavare le fondamenta e cominciare a costruire – o ricostruire –, mattone su mattone, l’architettura di un edificio statale appena abbozzato. E dare continuità ai primi, importanti ma al contempo fragili risultati ottenuti nell’ambito della sicurezza. Parte da Bruxelles il “nuovo corso” della Somalia. Questo l’ambizioso nome della conferenza internazionale – la seconda in quattro mesi – sul Paese africano, dilaniato da 22 anni di guerra. Solo dallo scorso settembre, Mogadiscio è riuscita ad eleggere democraticamente un presidente, Hassan Sheikh Mohammud al cui governo spetta il non facile compito di stabilizzare la nazione. «La Somalia sta aprendo un nuovo capitolo che la porterà dall’emergenza alla ricostruzione», ha affermato. Grazie, anche – ha sottolineato il capo di Stato – al patto di assistenza firmato proprio a Bruxelles. E seguito da notevoli stanziamenti da parte dei donatori stranieri – dai Ventotto a Usa, Cina, Russia, Giappone oltre alle grandi organizzazioni internazionali –, riuniti nella capitale del Belgio. Questi si sono impegnati con un maxi-finanziamento di 1,8 miliardi di euro, distribuiti nel prossimo triennio. Dall’Ue sono stati promessi 650 milioni e saranno rivolti a rimettere in piedi i settori “critici”. Sanità, sicurezza, giustizia, istruzione, dunque.«Nell’ultimo anno, il Paese ha compiuto importanti progressi», ha spiegato il presidente della Commissione, José Manuel Barroso. Ma – ha aggiunto – «i problemi e le sfide rimangono». Da qui la necessità del sostegno internazionale per realizzare davvero la transizione. Per questo, il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy ha parlato di «giorno storico». L’Italia – uno dei promotori dell’iniziativa e tra i grandi attori negli anni scorsi del tentativo di ridare “normalità” a una terra senza istituzioni – non è certo rimasta indietro rispetto ai partner europei. Del resto, non sarebbe potuto essere altrimenti. Per tradizione storica, il Corno d’Africa e la Somalia nello specifico è sempre un Paese prioritario nella strategia diplomatica e di cooperazione italiana. Se, tuttavia, vari analisti, nel vertice di Londra, a maggio, avevano visto Roma in una posizione più defilata rispetto alla Gran Bretagna, stavolta il protagonismo sembra maggiore. Il governo ha innanzitutto garantito un contributo di 9 milioni di euro per il 2013. Gran parte verrà destinato alla formazione. Un ambito in cui l’Italia ha una tradizione di lunga data: negli anni di Siad Barre, era proprio Roma a garantire la preparazione dei vertici civili e militari. La guerra, poi, ha interrotto la collaborazione che ora si riannoda. E apre nuove prospettive. A conferma di ciò, la visita oggi del presidente Mohamud a Roma, dove incontrerà le alte cariche dello Stato. «La situazione è di certo migliore di un anno fa, ma ci sono un sacco di problemi. Credo che ci sia da prendere atto dei dati positivi senza far finta di non sapere che ci sono ancora un sacco di problemi», ha detto il ministro degli Esteri, Emma Bonino. Primo fra tutti, il nodo gli islamisti di al-Shabaab. Che non ha perso l’occasione di attaccare la conferenza: «I soldi promessi non verranno mai sborsati – dice un comunicato –. Le conferenze non hanno mai risolto nulla». Un commento scontato per chi ha fatto della violenza l’unica strategia politica.
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