Aumenta la tensione nella capitale somala Mogadiscio. Ieri, almeno dieci persone sono rimaste uccise e altre quindici ferite quando è scoppiato uno scontro a fuoco causato dalla distribuzione degli aiuti del Programma alimentare mondiale (Pam). «Uomini con uniformi da soldati stavano cercando di rubare gli aiuti del Pam e alcuni rifugiati hanno tentato di fare lo stesso – ha raccontato alla stampa Muse Sheikh Ali, uno dei testimoni della drammatica vicenda –. I militari hanno quindi iniziato a sparare in modo indiscriminato per fermare la folla». Il teatro di quest’ultimo scontro è stato il campo per sfollati di Badbaado, nel distretto Dharkenlay di Mogadiscio. Un altro testimone, Abdi Awale Nor, ha confermato l’incidente: «È stata una carneficina poiché i soldati hanno sparato verso tutta la gente senza farsi scrupoli – ha detto Abdi -. Ho visto almeno dieci cadaveri». Sono molto comuni esempi di questo genere a Mogadiscio, considerata una delle capitali più pericolose al mondo dove, dall’inizio della guerra civile nel 1991, regna una totale anarchia. Il campo sfollati di Badbaado ospita più di 30mila somali, una parte dei circa 100mila sfollati che sono riusciti a raggiungere la capitale per sfuggire alla carestia e al giogo delle forze ribelli qaediste del gruppo di al-Shabaab. Queste ultime stanno approfittando della tragedia umanitaria per intensificare i reclutamenti. Gli estremisti offrono cibo e soldi a chi decide di entrare nelle loro fila, hanno denunciato le Nazioni Unite. Come ha confermato Bruno Geddo, rappresentante in Somalia dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur): «L’aumento dei prezzi del cibo è una manna per i reclutatori di al-Shabaab: quando non hai possibilità di acquistare alimenti sei incoraggiato a farti arruolare»: L’esodo verso l’Etiopia e il Kenya si fa sempre più intenso. Secondo l’Acnur, ogni giorno, 1.500 i somali che arrivano nei campi kenioti di Dadaab. «La metà dei bambini sfollati qui malnutriti – recita una nota di ieri dell’Unicef –. Abbiamo notizie di bimbi che muoiono mentre fuggono dalla Somalia o appena sono arrivati nei campi». Olivia Yambi, rappresentante di Unicef-Kenya, ha affermato: «Molte famiglie somale che arrivano nella cittadina di confine Liboi non sanno di dover percorrere altri cento chilometri prima di arrivare ai campi profughi di Dadaab. E la salute di alcuni bambini malnutriti che attraversano il confine è talmente precaria che non possono aspettare di arrivare a Dadaab». Al comunicato Unicef ha fatto eco una nota dell’agenzia per la cooperazione degli Stati Uniti, Usaid. «Negli ultimi tre mesi nel Sud della Somalia sono morti di malnutrizione 29mila bambini». Un dramma di proporzioni apocalittiche. Che ha spinto il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, a rivolgersi direttamente agli Shabaab per chiedere «un immediato e pieno accesso agli aiuti internazionali nelle regioni più colpite dalla carestia». La Fao avverte che: «Si sta cercando di costituire un fondo per proteggere i più vulnerabili in Somalia con un intervento teso a salvare vite e mezzi di sussistenza a breve termine e costruire sicurezza alimentare a lungo termine». Secondo il Palazzo di Vetro, sono almeno 2,8 milioni i somali in «condizioni critiche», compresi 1,25 milioni di bambini. L’Acnur ha assicurato che: «sarà aperto a breve a Dolo Ado il suo quarto campo in Etiopia per accogliere fino a 15 mila persone in fuga dalla carestia che flagella la Somalia».