È l'ultima provocazione che arriva dai social media nel mondo arabo e mediorientale: la sfida a incendiare la bandiera nera dell'Is (o Isis), l'autoproclamato Stato Islamico che comprende le città occupate dai jihadisti sunniti tra Iraq settentrionale e Siria.
L'iniziativa, che corre su Twitter e Facebook, si chiama #BurnIsisFlagChallenge ed è stata lanciata a fine agosto da tre ragazzi di Beirut come reazione alla notizia della decapitazione di un soldato libanese catturato dai miliziani nella città di Ersel, sul confine siriano. Il video in cui incendiano il drappo nero ha avuto oltre 115.000 condivisioni. E molti giovani hanno raccolto la sfida lanciata dai tre "al mondo intero".
In che cosa consiste questa (ennesima) sfida social? Nel postare su Twitter o condividere su Facebook un video in cui si appicca il fuoco a una rappresentazione (drappo o foglio di carta) della famigerata bandiera nera con scritto in arabo "Non c'è altro Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo profeta". Ma molti preferiscono cambiare la scritta, tenendo fuori il Corano da un tema che di religioso non ha nulla, e inseriscono al suo posto uno slogan sul terrorismo internazionale. Al termine del video, gli autori rilanciano la sfida, chiamando qualcun altro a fare altrettanto.
Il ministro della Giustizia libanese Ashraf Rifi ha invitato la magistratura a indagare i tre ragazzi per il reato di istigazione all'odio. Ma sono gli stessi promotori a precisare: qui l'islam non c'entra nulla, la religione è davvero un'altra cosa.