I caschi blu filippini trattenuti da mercoledì da un manipolo di ribelli siriani nel sud-ovest del Paese, vicino al Golan occupato da Israele, affermano di stare bene e di esser protetti dai locali. Intanto sono in corso intensi negoziati tra le parti per il loro rilascio. Ma, per il rientro in patria dei 21 osservatori, gli insorti chiedono il ritiro dal loro villaggio delle truppe fedeli al presidente Bashar al-Assad.Frattanto la Coalizione delle opposizioni siriane in esilio ha annunciato che martedì prossimo a Istanbul si terrà l’attesa riunione per eleggere il capo del governo transitorio, incaricato di gestire le aree del Paese controllate dai ribelli. Ma altre fonti affermano che è più probabile che in Turchia si arrivi alla nomina di un comitato esecutivo della stessa Coalizione, passo determinante per poter ottenere il seggio nella Lega Araba che fu di Damasco. L’incontro di Istanbul si doveva tenere il 2 marzo scorso ma era stato rinviato al termine del summit di Roma degli «Amici della Siria». La Coalizione è composta dal Consiglio nazionale (la piattaforma di oppositori dominata dalla Fratellanza musulmana sostenuta dalla Turchia e dal Qatar) e da altre sigle minori di indipendenti vicine all’Arabia Saudita o agli Stati Uniti, e dai Comitati degli attivisti locali, espressione del movimento di contestazione interno al Paese.Intanto, sulla sorte dei 21 caschi blu filippini da giovedì nelle mani dei ribelli c’è il massimo riserbo. Il governo di Manila ha confermato che sono in atto negoziati mentre restano in silenzio i responsabili dell’Esercito libero. «Stiamo bene. Abbiamo da mangiare e da bere. Vogliamo rassicurare le nostre famiglie», ha affermato uno dei soldati filippini ripresi in due diversi video amatoriali pubblicati su Internet. «I civili di Jamla ci hanno messo al sicuro. Quando siamo passati qui ci siamo trovati sotto le bombe e presi in mezzo al fuoco d’artiglieria», ha aggiunto senza poter precisare se parlava sotto la minaccia delle armi. Infine da Londra, dove si è svolta la riunione degli Amici dello Yemen è stato ribadito l’impegno a completare la transizione e combattere al-Qaeda. Per il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi, è cruciale che la transizione sia «inclusiva» ed eviti interferenze esterne che potrebbe «frenarlo».