martedì 10 aprile 2012
Spari al confine turco: colpiti i profughi. Il governo: mancano garanzie. «Altri 75 uccisi». A 48 ore dal termine fissato per lo stop ai combattimenti, il bagno di sangue non si ferma «Massacrate 30 persone a Latmana, tra loro 17 bambini Human Rights Watch: «Oltre cento le esecuzioni sommarie di civili» Cameraman assassinato in Libano
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​È in bilico il cessate il fuoco in Siria. A poco più di 48 allo stop effettivo dei combattimenti la tensione si fa sempre più alta. Ieri, le forze governative hanno continuato la loro offensiva provocando decine di morti. Fonti dei Comitati dell’opposizione hanno parlato di almeno 75 morti in tutto il Paese. Il bagno si sangue rende scettica la comunità internazionale. Tanto che il vice ministro degli Esteri turco, Naci Koru ha definito «superato» l’ultimatum di giovedì, dato dall’Onu a Damasco per ritirare le sue truppe dalle città. In quest’ultimo caso, ha detto il presidente Erdogan, Ankara potrebbe compiere alcuni «passi». Il regime di Assad, da parte sua, non sembra affatto intenzionato a rispettare gli impegni. Il governo siriano, del resto, aveva già avvertito due giorni fa che il ritiro non sarebbe avvenuto in assenza di «garanzie scritte» dei ribelli. Questi ultimi avrebbero dovuto sottoscrivere l’intenzione di mettere fine ai conflitti entro le 6 del mattino di giovedì, il termine ultimo fissato da Kofi Annan, per la cessazione degli scontri. Un’ipotesi, però sconfessata dai dissidenti. Il colonnello Riad al Asaad, comandante dell’Esercito libero siriano (Els), ha detto alla televisione panaraba al-Jazeera che l’opposizione armata darà alcuna garanzia alla «banda criminale» al potere a Damasco. Specie dopo le violenze delle ultime ore. I Comitati locali di coordinamento e l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdh) affermano che almeno 30 civili, tra i quali 17 bambini e minorenni e otto donne, sono stati uccisi ieri nel bombardamento della città di al-Latmana, nella provincia di Hama, dove tre giorni fa erano state uccise altre 40 persone. I Comitati segnalano decine di vittime anche nelle province di Idlib, Homs e Daraa. Mentre fonti ufficiali di Damasco affermano che una decina di membri delle forze di sicurezza sono stati uccisi ad Aleppo. Da parte sua, Human Rights Watch rivela che le truppe del regime hanno fucilato in maniera sommaria oltre cento civili e combattenti dell’opposizione, feriti o catturati durante i recenti attacchi. Nella regione di Wadi Khaled, nel nord del Libano, un cameraman della tv libanese Al Jadeed, Ali Shaaban, è stato ucciso e un giornalista e un altro cameraman della stessa emittente sono rimasti feriti da colpi d’arma da fuoco provenienti dalla Siria.Mentre in Turchia due rifugiati siriani e due cittadini turchi – un interprete e un poliziotto – sono stati colpiti da pallottole che li hanno raggiunti nel campo profughi di Kilis durante uno scontro tra forze governative siriane e ribelli poco oltre la frontiera. L’episodio, avvenuto alla vigilia di una prevista visita di Annan ai campi profughi in Turchia – dove sono ospitate circa 24mila persone – ha provocato la dura reazione di Ankara. Che ha detto: «Prenderemo tutte le necessarie precauzioni se tali incidenti avverranno nuovamente». Anche Washington si è detta «scandalizzata» dall’accaduto. Casa Bianca e Dipartimento di Stato hanno condannato le «brutali violenze» degli ultimi giorni. Ma la Russia mantiene saldamente il suo appoggio ad Assad. Il vice ministro degli Esteri russo Ghennady Gatilov ha avvertito che «tentativi di imporre una soluzione alla Siria dall’esterno porterà solo a una escalation della tensione». Oggi, intanto, il cancelliere siriano al-Mouallem è a Mosca per colloqui.
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