Il regime di Damasco continua la violenta repressione delle rivolte antigovernative scoppiate in Siria e per il terzo giorno consecutivo la città costiera di Latakia è la più colpita dai bombardamenti delle truppe del governo. In mattinata i residenti hanno denunciato di aver sentito forti esplosioni e colpi d'arma da fuoco, iniziate prima dell'alba nel quartiere al-Ramel. Secondo il racconto dell'Osservatorio siriano per i diritti umani e di alcuni testimoni, i militari avrebbero inoltre sparato sui residenti che provavano a fuggire, tra cui anche donne e bambini. Stando sempre ai racconti degli attivisti, alle operazioni non avrebbero partecipato esplusivamente truppe di terra, ma anche cannoniere che dal Mediterraneo aprivano il fuoco contro la città. Un funzionario nega la partecipazione della marina, spiegando che le navi pattugliavano la costa "in una missione di routine per prevenire il traffico di armi nel Paese".Bombardamenti e rastrellamenti dell'esercito hanno colpito anche un campo profughi palestinese e oltre 5mila rifugiati hanno lasciato le abitazioni. "Chiediamo di poter entrare nel campo per capire cosa sta succedendo", ha detto il portavoce dell'Unrwa (agenzia Onu per i rifugiati palestinesi) Chris Gunness. "Ospitava 10mila rifugiati - ha continuato - e dobbiamo scoprire che cosa stia accadendo loro". Al momento non è chiaro dove si siano dirette le persone in fuga. Secondo i Comitati di coordinamento locali, gruppi di attivisti che monitorano e organizzano le proteste nel Paese, molti giovani del campo sarebbero stati arrestati. Almeno una trentina sarebbero invece le vittime dei tre giorni di repressione.Oltre alle operazioni militari a Latakia, le truppe dell'esercito siriano erano impegnate questa mattina anche nella città di Houla, vicino a Homs. Secondo l'Osservatorio, un anziano è stato ucciso da un cecchino e le truppe hanno fatto irruzione con i carri armati e hanno condotto raid e arresti. Intanto Giordanie e Turchia hanno chiesto la fine immediata della repressione e nel caso di Amman si tratta della prima condanna ufficiale delle violenze messe in atto dalle truppe del governo del presidente siriano Bashar Assad.