Seimila corone del Rosario realizzate a Betlemme per i cristiani della Siria. Benedette personalmente da papa Francesco perché «la preghiera fatta con fede è potente» ed occorre «continuare a pregare il Rosario per la pace in Medio Oriente e nel mondo intero». Con questo gesto compiuto al termine dell’Angelus giovedì, proprio nel giorno in cui la Chiesa celebra la solennità dell’Assunta, il Papa ha ancora una volta invitato il mondo a non dimenticare che le sofferenze della Siria non sono affatto finite. A meno di un mese dalla lettera inviata al presidente Bashar al Assad in cui esprimeva la sua preoccupazione per le vittime civili nell’offensiva in corso a Idlib, il Pontefice nel giorno di Ferragosto ha voluto esprimere pubblicamente il suo sostegno alla campagna «Consola il mio popolo» promossa dalla fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre insieme alle Chiese cattoliche e ortodosse della Siria. Le seimila corone del Rosario – «segno della mia vicinanza, specialmente per le famiglie che hanno perso qualcuno a causa della guerra», ha affermato il Papa benedicendole – saranno distribuite in Siria alle famiglie duramente colpite dal conflitto. La consegna avverrà il 15 settembre, nel giorno in cui la devozione mariana ricorda i sette dolori che la Madonna si trovò a vivere accanto a Gesù.
Appare chiaro, in questa situazione, l’accostamento con le madri che hanno visto un figlio morire o sparire nel nulla negli otto anni della guerra in Siria: secondo alcuni dati diffusi dall’Aiuto alla Chiesa che Soffre si calcola che siano circa 2000 le famiglie cristiane che hanno perso almeno uno dei loro cari e altre 800 quelle dei cristiani rapiti di cui non si è più avuta notizia. Per tutti loro in Siria si pregherà domenica 15 settembre distribuendo insieme alle corone del Rosario anche Bibbie in arabo e croci in legno d’ulivo della Terra Santa, donate dagli ortodossi. Durante l’Angelus il Papa ha spiegato che a Betlemme alcuni dei Rosari per i cristiani siriani, oltre che da artigiani locali, sono stati realizzati dalle suore carmelitane scalze, la comunità di clausura che vive la propria preghiera contemplativa proprio nella città dove Gesù è nato. Sono una quindicina le suore provenienti da tutto il mondo che vivono in questo convento voluto da suor Mariam Baouardy, una religiosa araba proclamata santa proprio da papa Francesco nel 2015. Fanno propria l’invocazione risuonata nel cielo di Betlemme «pace agli uomini che Dio ama» e che oggi assume un significato particolare anche per la Siria.
«La vicinanza del Papa è di grande consolazione a quanti hanno perso i propri cari a causa della guerra», ha detto commentando le parole del pontefice Thomas Heine- Geldern, presidente internazionale dell’Aiuto alla Chiesa che soffre. Dall’inizio del conflitto siriano la fondazione ha finanziato ben 850 progetti per un impegno di oltre 35 milioni di euro; aiuti che hanno consentito a numerose famiglie cristiane di rimanere in Siria. «Ma l’assistenza materiale non è sufficiente – ha aggiunto Heine-Geldern – il popolo siriano ha bisogno di un sostegno spirituale e vicinanza nella preghiera». Parole a cui in un’intervista all’agenzia AsiaNews ieri ha fatto eco anche il parroco latino di Aleppo, il francescano padre Ibrahim Alsabagh: «Le vittime e le violenze cui ancora assistiamo non hanno una ragione confessionale, per questo vengono colpiti indistintamente tutti i civili – ha detto commentando la situazione di Idlib –. Al di là del numero effettivo delle persone coinvolte, questa situazione fa ripiombare la popolazione nell’angoscia e nella paura. Non possiamo che ringraziare il Papa perché non ha dimenticato la Siria, mentre tutto il mondo sembra ormai non ricordare più il dramma che ogni giorno viviamo».