Svetta prepotente in questo G8 sulle sponde dei laghi nordirlandesi dedicato ufficialmente alle «tre t» economiche di trade, trasparency e tax (commercio, trasparenze e tasse) la «esse» di Siria, discussa in tutti i bilaterali. Un pre-vertice fra gli otto grandi in vista della Conferenza di Ginevra, ma con una distanza che pare difficilmente incolmabile fra Stati Uniti e Russia.Il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, era «fiducioso» di poter fare dei «passi avanti sostanziali» per lanciare il «processo di Ginevra 2». Una giornata in attesa del faccia a faccia tra Obama e Putin, scivolata fra moniti, veti contrapposti e minacce, mai così esplicite, di Assad all’Europa.È la Russia, mentre ancora i leader stavano arrivando a Lough Erne, a far capire quanto in realtà la strada per Ginevra 2 sia lunga e in salita, con un fermo «niet» all’ipotesi avanzata nei giorni scorsi dalla Casa Bianca di una no-fly zone: «Non permetteremo il crearsi di uno scenario del genere», dichiarava un portavoce del ministero degli Esteri. Una misura, per Mosca, contraria al diritto internazionale. Premessa questa a un nuovo veto russo in caso di risoluzione all’Onu. Un vero braccio di ferro, inaspritosi dopo il via libera di Bruxelles a decisioni unilaterali dei Paesi membri dell’Unione sulla fornitura di armi all’opposizione. Pochi giorni dopo le accuse Usa ad Assad di aver usato gas sarin e quindi meritare una risposta della comunità internazionale. Ma i passi compiuti per armare l’opposizione siriana – ammoniva il ministero degli esteri russo – rendono «ancora più difficile parlare della data ipotizzata un mese fa» per Ginevra 2. Come benzina sul fuoco, a vertice ancora da aprire, le rivelazioni della Reuters: da due mesi l’Arabia Saudita ha fornito un numero ridotto di missili terra-aria ai ribelli. Alcuni lanciarazzi a spalla, rivelava una fonte anonima, provenivano da fornitori francesi e belgi, con il governo di Parigi che avrebbe pagato il loro trasporto.Mai così dure le minacce di Assad, consegnate a una intervista alla "Frankfurter Allgemeine Zeitung" oggi in edicola: «Se gli europei consegnano armi, il cortile dell’Europa si trasformerà in un terreno propizio al terrorismo. E l’Europa ne pagherà il prezzo», dichiarava il rais. Sempre parlando con la "Frankfurter Allgemeine Zeitung", il rais di Damasco ha respinto le accuse di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna: «Se avessero solo una singola prova delle loro supposizioni, l’avrebbero mostrata al mondo intero».A vertice in corso, Barack Obama non ha nascosto al premier italiano Enrico Letta di essere «molto preoccupato per la situazione» in Siria ed in particolare «per l’uso di armi chimiche».Poi nel dopo cena il faccia a faccia fra Putin e Obama. Era il leader del Cremlino a confermare le «differenze di opzioni», ma la trattativa non si è interrotta. Russia e Stati Uniti, dichiarava Putin, non abbandonano il progetto di una conferenza di pace sulla Siria. Obama ha preferito invece puntare il dito sulle armi chimiche: vi è un «interesse condiviso» fra Usa e Russia perché in Siria non si usino armi chimiche, si fermi la violenza e si raggiunga una soluzione politica. Un «processo politico» a cui punta ancora strenuamente il cancelliere tedesco Angela Merkel, contrario in «ogni circostanza» a fornire armi.Un sostanziale nulla di fatto nella prima notte a Lough Erne. Ma la trattativa per la Conferenza internazionale di Ginevra 2, pur fra molta fatica, prosegue.