È caduto nel vuoto l'appello a manifestare oggi a Damasco, dopo la preghiera settimanale islamica, contro «la monocrazia, la corruzione e la tirannia» in Siria, diffuso giorni fa via Facebook: complice forse anche un fitta pioggia, all'uscita delle moschee i fedeli se ne sono tranquillamente tornati a casa. Alcune fonti hanno riferito di un rafforzamento discreto del servizio di sicurezza nei punti chiave della città, e nei pressi degli edifici che ospitano istituzioni o ambasciate, ma di assembramenti non se ne sono visti. Sulla scia delle manifestazioni in Tunisia, Algeria, Egitto, Giordania e altri Paesi della regione, su Facebook era nato nei giorni scorsi un gruppo per "La rivoluzione siriana 2011", che in breve ha raccolto il «mi piace» di oltre 13mila persone.In Siria, i social forum come Facebook e Twitter sono bloccati dalle autorità locali, ma sono comunque raggiungibili grazie ad alcuni programmi disponibili in rete. Tuttavia, già nei giorni scorsi era sembrato evidente che molte delle adesion all' iniziativa sono giunte dall'estero, piuttosto che dal territorio siriano.In una rara intervista pubblicata appena lunedì scorso dal quotidiano
Wall Street Journal, il presidente siriano Bashar al Assad ha affermato che il mondo arabo è in preda a «una specie di malattia», causata da «decenni di stagnazione», ma ha anche affermato che la Siria «è stabile», anche se «noi abbiamo condizioni più difficili» di altri Paesi della regione.In effetti, dall'inizio delle rivolte e proteste che hanno avuto luogo nelle ultime settimane in diversi Paesi arabi, dalla Siria si è avuto notizia solo di una cinquantina di giovani che si sono radunati la settimana scorsa fa davanti all'ambasciata di Egitto a Damasco, per esprimere solidarietà al popolo egiziano, ma sono stati rapidamente dispersi dalle forze di sicurezza.