Il presidente americano Biden, il premier australiano Albanese e l'allora premier britannico Sunak nella base navale di Point Loma a San Diego in California, nel marzo 2023 - Reuters
Si scrive Aukus. Si legge: Australia, Regno Unito (United Kindom), Stati Uniti (US). Ha appena compiuto tre anni il Patto trilaterale per la sicurezza nel Pacifico, annunciato il 15 settembre 2021. Ora si appresta a crescere. In un comunicato congiunto il primo ministro australiano Anthony Albanese, quello britannico Keir Starmer e il presidente americano Joe Biden hanno annunciato «consultazioni» con Canada, Nuova Zelanda e Corea del Sud «per individuare possibilità di collaborazione su funzionalità avanzate» in una potenziale espansione di quello che definiscono il «secondo pilastro» di Aukus. Non dunque l'ingresso a pieno titolo, bensì la partecipazione a un sistema di condivisione di tecnologie per la difesa: sviluppo di veicoli autonomi inclusi sottomarini senza equipaggio, tecnologie quantum, missili ipersonici e capacità di guerra cyber ed elettronica. La linea invalicabile resta quella dei sottomarini nucleari, riservati ai tre Paesi fondatori, due dei quali (Usa e Regno Unito) sono potenze nucleari.
Sottomarini a propulsione nucleare nel Pacifico
Il Patto Aukus era nato proprio per aiutare l'Australia a sviluppare e dispiegare nel Pacifico sottomarini a propulsione nucleare, rafforzando così la deterrenza militare occidentale in un'area considerata geostrategica. All'epoca dell'annuncio, la Francia aveva reagito con stizza richiamando i suoi ambasciatori da Canberra e da Washington dopo che l'Australia aveva cancellato la commessa da 61 miliardi di dollari a un'azienda francese per sottomarini a propulsione nucleare. A fornirglieli sarà Londra, nei prossimi dieci anni. Dopo colloqui chiarificatori, gli ambasciatori erano tornati.
L'entrata di Ottawa, Wellington e Seul in Aukus, pur limitatamente al ruolo di partner nello sviluppo di tecnologie e progetti, allargherebbe non di poco il campo di copertura del Patto difensivo nell'Indo-Pacifico. Un'area destinata a diventare cruciale per la sicurezza mondiale e da tempo al centro dell'attenzione dei governi degli Stati Uniti. La presenza più ingombrante è quella della Cina, ma c'è un'altra potenza nucleare: la Corea del Nord. Entrambe legate, ancor più strettamente nel caso di Pyongyang, alla Russia di Vladimir Putin. Che in Ucraina starebbe usando anche armi nordcoreane.
Il ministro della Difesa canadese, Bill Blair, in visita in Giappone all'inizio del mese, aveva fatto cenno ad abboccamenti con Aukus. Il ministro degli Esteri neozelandese, Winston Peters, ha dichiarato che la consultazione è «il proseguimento di quell'esplorazione attenta e deliberata, condotta dai governi della Nuova Zelanda, di cosa significherebbe per noi in termini strategici ed economici impegnarci con Aukus Pilastro 2». Storicamente, il territorio neozelandese è libero da armi nucleari. «Continueremo a discuterne apertamente con i cittadini» ha scritto su X il ministro.
Prove di forza da Corea del Nord e Cina, Giappone e Taiwan nel mirino
Per la seconda volta in una settimana, oggi la Corea del Nord ha effettuato lanci di missili balistici a corto raggio. «I nostri militari hanno rafforzato il monitoraggio e la vigilanza, condividendo le informazioni» con Giappone e Usa, fa sapere lo Stato maggiore interforze della Corea del Sud. La guardia costiera giapponese ha confermato che i missili sono caduti in mare.
E Tokyo ha protestato duramente per l'ingresso di una portaerei cinese nelle 12 miglia marine (acque contigue) appena oltre le sue acque territoriali. La Liaoning, accompagnata da due cacciatorpediniere, avrebbe navigato tra le isole meridionali giapponesi di Yonaguni e Iriomote, nella prefettura sud-occidentale di Okinawa. «Le recenti violazioni dello spazio aereo da parte di un aereo militare cinese, e l'ingresso di una portaerei nelle acque contigue giapponesi sono assolutamente inaccettabili», ha detto il portavoce del governo Hiroshi Moriya.
Anche il ministero della Difesa di Taiwan ha dichiarato di avere avvistato il gruppo di portaerei cinesi al largo della sua costa orientale in direzione dell'isola più meridionale del Giappone, che si trova a 110 chilometri da Taiwan.
Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, ha replicato che il passaggio era «conforme al diritto nazionale e internazionale». Secondo il diritto internazionale, le navi di altri Paesi sono autorizzate a navigare nella zona di contiguità ma lo Stato costiero può prendere le misure necessarie per prevenire atti illegali nelle sue acque territoriali.