Il cancelliere tedesco Olaf Scholz lascia l’aula del Bundestag di Berlino dopo il voto di sfiducia dei deputati: la crisi di governo è ufficiale dalle 16.45 di lunedì pomeriggio - Ansa
La Germania dalle 16,35 di ieri è senza un governo stabile e in grado di fornire una chiara linea politica ed economica al Paese. Il Bundestag, la Camera bassa del Parlamento tedesco, come ampiamente annunciato e ormai auspicato da tutte le forze politiche, ha negato la fiducia al cancelliere Olaf Scholz e al suo governo di minoranza, ormai formato solo da socialdemocratici e verdi. A Scholz servivano 367 voti, ma gli hanno rinnovato la fiducia solo 207 deputati, 394 i «no», 116 non si sono espressi. I freddi numeri sanciscono la crisi politica del primo esecutivo tripartitico nella storia della Repubblica federale tedesca.
Un esecutivo azzoppato dal ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner, in disaccordo su molti temi con il cancelliere, costretto, il 6 novembre, a licenziarlo dall’esecutivo. «Ha sabotato il governo – ha sottolineato adirato ieri Scholz nel corso del suo discorso prima del voto di fiducia, rivolgendosi a Lindner –. La politica non è un gioco. Entrare nel governo richiede la necessaria maturità morale». Scholz si è quindi affidato agli elettori: «Ora la decisione spetta al popolo sovrano». Poi di fronte ad un’assemblea apparsa nervosa, arrabbiata, irrequieta ha sottolineato: «Stiamo mettendo a rischio la nostra coesione e la nostra prosperità ritardando investimenti attesi da tempo».
Il governo di Berlino viene sfiduciato mentre la Repubblica federale rischia, secondo analisti ed economisti, di vivere la sua peggiore crisi economica ed industriale dalla Seconda guerra mondiale. La Germania ha pagato e sta pagando più di ogni Paese europeo, in termini economici e sociali, le conseguenze delle guerre tra Russia ed Ucraina ed in Medio Oriente. Nel Paese vivono oltre un milione di rifugiati ucraini ed oltre 900mila profughi siriani, che stanno mettendo a dura prova la macchina organizzativa dell’accoglienza e di sostegno economico, finanziata da Stato federale e länder.
La Germania, come confermato ieri dallo sfiduciato, ma ancora in carica, cancelliere Scholz, continua a garantire il suo sostegno economico e militare all’Ucraina, ma ora si attendono gli sviluppi della situazione siriana in cui Berlino sarà chiamata a svolgere un ruolo fondamentale per l’auspicata ricostruzione infrastrutturale, economica e sociale del Paese. Ma a quali costi? Nella ex florida e ricca Germania mancano incredibilmente le risorse, l’esecutivo, non solo per colpa del ministro delle Finanze Lindner, non è riuscito a presentare una legge di bilancio per il 2025. Si va a votare il 23 febbraio 2025, poi in base ai sondaggi, una nuova Grande Coalizione, forse allargata a verdi o liberali, a guida cristiano-democratica con Friedrich Merz cancelliere dovrà portare la Germania fuori dalla crisi.
«Lei ha proposto una politica economica fallimentare – ha sottolineato ieri al Bundestag Merz – oggi non ha mai utilizzato l’espressione competitività dell’economia tedesca. Con la sua strategia ha creato solo nuovo debito per le generazioni future». Oggi Merz e la Cdu come tutte le altre forze politiche presenteranno il loro programma politico e le strategie economiche, industriali, sociali e su migranti e richiedenti asilo. Poi tutti a capofitto in una campagna elettorale invernale, che non ha precedenti in Germania. Il Paese da due anni langue in una stagnazione che tende alla recessione. La crisi sta colpendo, come mai prima d’ora, la grande industria, in particolare le tre colonne portanti della produzione industriale e dell’export tedeschi: siderurgico, chimico-farmaceutico e automobilistico. I colossi Thyssenkrupp, Bayer e Volkswagen hanno annunciato piani di ristrutturazione e tagli, a dir poco preoccupanti. E a gennaio si insedia il nuovo presidente degli Stati Uniti, ma la Germania non avrà un interlocutore che possa trattare, fin da subito, su tutto, con Donald Trump.