sabato 8 febbraio 2014
Obiettivo delle proteste la classe politica, accusata di corruzione e inefficienza.
Promesse mancate e silenzi (Fabio Carminati)
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All'indomani dei violenti tumulti popolari di ieri, a Sarajevo si è dimesso nel pomeriggio il premier cantonale, Suad Zeljkovic. La notizia è giunta mentre circa 200 persone sono tornate a manifestare davanti al palazzo della presidenza bosniaca chiedendo le dimissioni della dirigenza e il rilascio dei dimostranti arrestati ieri. Lo ha reso noto la Tv di Sarajevo. Dopo le violenze e l'incendio appiccato alla presidenza e alla vicina sede del Cantone, la polizia ha fermato 37 persone, di cui sei minorenni. Inoltre, sono stati sequestrati 12 chilogrammi di sostanze stupefacenti (metamfetamina) che alcuni hanno cercato di spacciare tra i dimostranti. Negli scontri di ieri a Sarajevo sono rimasti feriti 144 agenti, di cui 12 in modo grave, sono stati danneggiati gli equipaggiamenti e bruciate tre automobili della polizia.SCOPPIA LA PROTESTA: 200 FERITIIn Bosnia, dove ieri è esplosa con violenza la protesta popolare contro crisi economica e povertà, la notte è trascorsa sostanzialmente tranquilla e senza nuovi incidenti. A Sarajevo, Tuzla, Mostar vi è l'odore acre del fumo che ancora si leva dai palazzi governativi dati ieri alle fiamme in drammatica sequenza da migliaia di manifestanti esasperati per la mancanza di lavoro e di prospettiva economica. Obiettivo delle proteste anche la corruzione e l'inefficienza della classe politica, ritenuta responsabile dello stallo e dell'immobilismo che ritardano le riforme e il cammino europeo della Bosnia-Erzegovina, fanalino di coda tra i Paesi della ex Jugoslavia. Il bilancio degli scontri di ieri è di centinaia di feriti, oltre 200 solo a Sarajevo, più della metà poliziotti, una quindicina dei quali sono ricoverati in gravi condizioni. Decine gli arresti fra i dimostranti, fra i quali si sono infiltrati gruppi di hooligan del tifo calcistico più violento, come spesso avviene nei Balcani.La sede del governo cantonale a Sarajevo è stata interamente distrutta dalle fiamme all'interno, e ancora stamane vi era un focolaio d'incendio. I vigili del fuoco hanno lavorato tutta la notte per domare le fiamme appiccate anche al palazzo della presidenza collegiale bosniaca. A Mostar è tornata la calma ma la polizia ha arrestato alcuni responsabili dei disordini, compreso un leader sindacalista. Anche a Tuzla, dove la protesta ha preso il via nei giorni scorsi, non si registrano nuovi incidenti. A Sarajevo - che in questi giorni, in coincidenza con i Giochi di Sochi, ricorda le Olimpiadi invernali ospitate esattamente trent'anni fa - in tanti hanno invece rivissuto le scene drammatiche della guerra che tra il 1992 e il 1995 causò 100 mila morti e due milioni di profughi. Ma le violenze di queste ore, innescate dalla protesta sociale, non mostrano al momento alcuna connotazione né divisione etnica.

 

L'Analisi di Fabio Carminati: Promesse mancate e silenzi

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