martedì 7 settembre 2010
Anticipata a ieri sera la discussione dei parlamentari europei La compagna di cella Shahnaz Gholami: «Condanna firmata dalla donna senza che potesse comprendere la lingua». Il Vaticano segue la via diplomatica «con molta attenzione» Il ministro Frattini: «Aperto il dialogo».
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L’attesa potrebbe durare fino a venerdì, nel giorno sacro che apre l’eid al-fitr, la conclusione del ramadan. Ma per Sajjad Ghaderzadeh, il figlio di Sakineh Mohammadi Ashtiani, la quantatreenne iraniana condannata per lapidazione e accusata di adulterio e omicidio, potrebbe essere un’attesa angosciosa e infelice. Il figlio e il nuovo avvocato, Javid Houtan Kian, non escludono a breve l’esecuzione della sentenza e anche l’intellettuale francese Bernard Henry-Levy ribadisce l’allarme e rilancia la mobilitazione internazionale.Per questo il parlamento europeo, riunitosi a Strasburgo in plenaria, ha deciso di anticipare a ieri il dibattito previsto per giovedì sulla sorte della donna. Obiettivo: fare sentire la voce dell’Ue compatta e forte su un tema che scuote la comunità internazionale.Per questo, sempre ieri, a Parigi, Bernard Henry-Levy ha indetto una conferenza stampa con l’ex legale della donna, Mohammad Mostafei, e con Shahnaz Gholami, la giornalista che fu in carcere con Sakineh fino a due anni fa. La donna sostiene che Sakineh abbia firmato la sentenza di lapidazione senza capire qual era la condanna: Sakineh, turca dell’Azerbajan, parla e scrive in azero, non in farsi, lingua ufficiale della Repubblica islamica.Per lei, se mobilitazione va fatta, va continuata fino ad ottenerne la liberazione. Un punto di vista sostenuto anche dal premio nobel per la pace Shirin Ebadi, convinta che, «se si sentirà assediata, Teheran dovrà tornare indietro». La pressione sul caso, effettivamente, è forte. Soprattutto da quando il figlio della donna, Sajiad, ringraziando l’Italia per la mobilitazione di venerdì scorso e la disponibilità ad esporsi per ottenere clemenza da parte del ministro Frattini che dice di avere avuto rassicurazioni da teheran in merito», ha fatto appello al Santo Padre. Il Vaticano «sta seguendo con molta attenzione la vicenda» e questa posizione, nel rispetto comunque della sovranità dell’Iran, è stata ribadita da padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana. Lombardi ha parlato di «un intervento attraverso canali diplomatici» e sul tema si è espresso anche il patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola.Quel che è chiaro, infatti, è che, per la vicenda di Sakineh, diventata ormai emblematica per la lotta internazionale verso il rispetto dei diritti umani e contro la pena di morte, altre grida si levano dalle carceri iraniane. Ieri, come fa sapere il quotidiano ultra-conservatore Javan, nella provincia del Golestan, è stata arrestata l’ennesima persona di fede religiosa bahai (vietata in Iran), con l’accusa di «relazioni sessuali illegali». Mentre la Hrana, cioé l’agenzia iraniana di Human rights watch, ha denunciato la morte di un prigioniero detenuto nel carcere di Rajai Shahr. Il giovane, di nome Mohsen Beikvand, sarebbe morto il 31 agosto in cella di isolamento, ala 6, stanza 16. Il rapporto diffonde particolari inquietanti rispetto alle modalità di detenzione: sarebbe stato ucciso da altri prigionieri su ordine delle autorità carcerarie. Deceduto durante le torture, gambe e braccia spezzate, il corpo bruciato. Un video mostra quel che resta di lui. Inequivocabile.
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