mercoledì 11 marzo 2009
Solo in gennaio hanno perso il lavoro 300mila persone, per l’autunno si prevede oltre un milione di licenziamenti. E il ministero dell’Interno autorizza a fare fuoco ad altezza d’uomo in caso di proteste. Boom dei reati a Mosca: i delitti contro le persone quasi raddoppiati Salta anche l’ambizioso «piano casa» messo in cantiere dal governo Grave la situazione nei paesi sorti attorno a grandi aziende, le quali garantiscono tutti i servizi sociali, dalle mense alle scuole. In caso di fallimento, potenzialmente senza tutele 25 milioni tra operai e loro familiari. Pesa soprattutto la caduta improvvisa dei prezzi dell’energia, che sta mettendo in ginocchio il settore estrattivo
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I Paesi ex comunisti dell’Europa Orien­tale risentono in modo particolarmen­te grave della crisi finanziaria mondia­le. E non c’è da stupirsi: dopo oltre 40 anni di regime totalitario la loro situazione eco­nomica rimane particolarmente debole ed essi non hanno ancora fatto in tempo a su­perare le difficoltà della transizione inco­minciata alla fine degli anni 80 del secolo scorso. E la Russia? In questo Paese il comunismo è durato quasi 80 anni, durante i quali le condizioni di vita della sua popolazione e­rano peggiori di quella dei satelliti sovietici in Europa dell’Est. Anche in Russia la situa­zione si presenta fosca e, trattandosi co­munque di una grande potenza, una situa­zione simile a quella lettone (dove a metà gennaio si sono svolte dimostrazioni con­tro la politica anticrisi del governo, dege­nerate in scontri con la polizia che hanno provocato 40 feriti) potrebbe avere gravi conseguenze anche sugli assetti interna­zionali. In ogni caso, il governo di Mosca si prepa­ra alla possibilità di insurrezioni di massa e ai modi di reprimerle. I segnali preoccu­panti sono numerosi. Pochi giorni fa il sito Internet del ministero dell’Interno, guida­to da Rashid Nurgaliev, ha pubblicato l’'or­dine N° 800' con il quale la polizia ('mili­zia') viene autorizzata a sparare ad altezza d’uomo nel caso che si trovi ad affrontare dimostrazioni di protesta. Il numero dei po­liziotti e delle cosiddette 'truppe interne' ha per la prima volta superato il numero di mi­litari dell’esercito, arrivando a 2,5 milioni di uomini. Un paio di settimane fa nella re­gione di Nizhnij Novgorod si sono svolte grandi manovre antisommossa della poli­zia e uno stabilimento specializzato di Kur­gan ha ricevuto una massiccia commessa statale per la produzione di blindati con i­dranti per lo scioglimento di dimostrazio­ni. Gennadij Gudkov, membro della commis­sione parlamentare per la sicurezza, affer­ma: «Una parte dei funzionari federali si il­lude che si possa difendersi dalle conse­guenza della crisi ricorrendo alla forza. Ma è un’utopia. Nella storia vi sono non pochi esempi in cui la militarizzazione dello Sta­to non ha fatto altro che aumentare il peri­colo di scontri armati». Si hanno già alcune avvisaglie: scarseggiano i medicinali, in gran parte importati a caro prezzo. A Klintsy, nel­la regione di Brjansk, 300 persone hanno preso d’assalto la locale farmacia. Mentre il presidente Dmitrij Medvedev e il premier V­ladimir Putin avvertono che la crisi sarà an­cora lunga, incominciano a manifestarsi i segni di un forte disagio sociale. I prezzi de­gli alimentari sono aumentati del 6,4% e l’inflazione, secondo Arkadij Dvorkovich, consigliere economico di Medvedev, potrà raggiungere il 15%. I già miseri redditi, ha detto il leader sindacale Mikhail Shmakov, hanno perso in media il 20% del loro pote­re d’acquisto.C’è chi pensa che qualcuno potrebbe ap­profittare di questo stato di cose per orga­nizzare un colpo di Stato. Un politologo vi­cino a Putin, Gleb Pavlovskij, ha detto al Mo­skovskij Komsomolets che «un ristretto grup­po di persone», fra cui «grandi uomini d’af­fari, uomini di vertice del potere federale, certi ambienti della capitale e alcuni gover­natori », insomma, «uomini nei corridoi del potere», potrebbe coltivare intenzioni gol­piste mirate a eliminare Putin. Intanto cresce la disoccupazione. In gen­naio circa 300mila persone hanno perduto il lavoro e secondo Maksim Topilin, vice­ministro della Sanità e dello Sviluppo so­ciale, in autunno il numero dei disoccupa­ti passerà dagli attuali 5,8 a 7 milioni. A sua volta il leader comunista Gennadij Zjuganov osserva: «La pratica mondiale mostra che l’aumento dell’1% della disoccupazione provoca un aumento della criminalità del 5%». Gli dà sostanzialmente ragione Jurij Sjomin, procuratore di Mosca, secondo il quale «u­no dei più notevoli effetti negativi della cri­si può essere una modifica della dinamica della criminalità». Ed infatti, conferma lo stesso Sjomin, in gennaio, nella capitale, il numero degli omicidi è aumentato del 16% e vi è stato il 44% in più di gravi delitti con­tro la persona. In salita anche il numero dei suicidi dovuti alle preoccupazione per le crisi: 100 casi in due mesi, scrive il Trud. Particolarmente grave è la situazione delle cosiddette monogorodà (letteralmente: 'monocittà'), cioè quei centri abitati sorti intorno ad un’unica fabbrica e il cui so­stentamento dipende da essa. Il fenomeno era tipico dell’epoca sovietica, ma rimane vivo ancora oggi. In Russia esistono 460 città e villaggi di questo tipo con 25 milioni di a­bitanti che producono il 40% del prodotto lordo regionale. Ad esempio dall’Evraz­Group (dell’oligarca Akleksandr Abramovi­ch, metallurgia) dipendono otto città e vil­laggi con 696mila residenti. In uno di que­sti villaggi, Mundybash, 5mila abitanti, nel­la regione di Kemerovo (Siberia meridiona-­le), gli operai della locale fabbrica di allu­minio hanno appreso dopo Capodanno che rimarranno senza lavoro. Galina Tolmacio­va, dirigente sindacale locale, descrive la drammatica situazione della città: «Se chiu­dono la fabbrica – ha detto –, ne soffriran­no anche gli asili, le scuole, le mense, i ne­gozi. Uno dopo l’altro tutti rimarranno di­soccupati ». Molte monogorodà sono sorte attorno a in­dustrie petrolifere o del gas, largamente e­sportati. Alla caduta del prezzo di queste fonti di energia sono diminuiti anche gli in­troiti delle aziende e dello Stato, con una ri­duzione di mezzi per tutti. Medvedev e Putin si erano impegnati in u­na serie di ambiziosi 'progetti nazionali' che dovevano riguardare la 'casa accessi­bile', la riforma della sanità e dell’assisten­za sociale. Ora la realizzazione di gran par­te di questi progetti è stata rallentata o bloc­cata per mancanza di fondi. In particolare, il ministro dello Sviluppo regionale Viktor Basargin ha dovuto riconoscere che il 'pia­no casa', uno dei più importanti, è fallito per mancanza di finanziamento.
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