Sfileranno per il diritto alla vita. Senza ideologie politiche, senza schieramenti. Semplicemente, perché l’arrivo di un figlio è «un dono divino», come dice la cantante Elba Ramalho: una voce molto conosciuta in Brasile, dietro alla quale c’è una donna che ha sofferto «sulla propria pelle» le ferite di un aborto. Ma non sfileranno in una città qualsiasi. Oggi attraverseranno le vie di Rio de Janeiro, in cui sembra ancora di avvertire l’eco entusiasta dell’ultima Giornata mondiale della gioventù e della visita di papa Francesco. Oggi la megalopoli carioca ospita la prima «Camminata in difesa della vita» organizzata dal “Movimento nazionale della cittadinanza per la vita-Brasile senza aborto” e appoggiata dall’arcidiocesi di San Sebastian, dall’istituto “Io difendo” della Pastorale familiare e dal Foro nazionale evangelico di Azione sociale e politica (Fenasp), insieme ad altre istituzioni. Artisti, musicisti, autorità, esponenti della vita pubblica brasiliana, ma soprattutto tanti cittadini comuni: il corteo partirà dalla chiesa della Candelaria e si snoderà per alcune delle principali vie di Rio. «Difendere il diritto del nascituro, della creatura che si trova ancora nel ventre materno, più che un’azione religiosa è una questione di cittadinanza. Questo è il primo diritto fondamentale di ogni essere umano ed è ciò che ci spinge a camminare per le strade. È arrivato il momento di dire un grande sì alla vita» assicura Maria José, coordinatrice a Rio del movimento Brasile senza aborto. «Invito tutti a partecipare» per «difendere, valorizzare e promuovere la vita in ogni istante. Sarà una sfilata piena di pace, allegria e preghiere» ha sottolineato il vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Rio, monsignor Antonio Augusto Dias Duarte, presidente della commissione arcidiocesana Promozione e Difesa della Vita. I cinque obiettivi della “caminhada” saranno ben visibili sugli striscioni che accompagneranno i partecipanti. Primo: per la dignità della donna e della vita umana. Secondo: per l’approvazione dello Statuto del nascituro, un’iniziativa legislativa che protegge il bimbo fin dal concepimento. Terzo: gli organizzatori chiedono un programma a livello statale di prevenzione dell’aborto, che autorizzi il potere esecutivo a creare delle case di sostegno per ragazze madri e donne in difficoltà. Quarto: si reclama la riforma del Codice penale, sbarrando le porte all’aborto e all’eutanasia. Infine si propone di aggiungere all’articolo 5 della Costituzione («inviolabilità del diritto alla vita») anche l’espressione «dal suo concepimento». Lo scorso agosto, la presidente Dilma Rousseff ha promulgato una legge che ha sollevato aspre polemiche nel Paese con il più alto numero di cattolici al mondo. La normativa rende obbligatorio il «trattamento d’urgenza» negli ospedali pubblici per le donne vittime di violenza sessuale e la distribuzione della cosiddetta «pillola del giorno dopo». La Chiesa cattolica e l’evangelica temono che sia solo il primo passo verso la liberalizzazione dell’aborto. Le associazioni pro life avevano chiesto a Rousseff che ricorresse al veto per bloccare gli elementi più spinosi del testo. Nel 2010 Rousseff si era impegnata a non depenalizzare l’interruzione volontaria della gravidanza. Attualmente l’aborto è consentito solo in caso di pericolo di vita per la madre e in caso di stupro, ma con alcune limitazioni.