mercoledì 30 giugno 2010
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Un «colpo di forza» tipico di una «dittatura» che ha usato «metodi violenti» inaccettabili. È ancora sotto shock Julien Ries, direttore del Centro di storia delle religioni dell’Università Cattolica di Lovanio. Considerato uno dei più grandi antropologi al mondo – era ammirato da Claude Lévi-Strauss – è rimasto interdetto dallo stile con cui è stata condotta la perquisizione della polizia nella sede della Conferenza episcopale belga e nella Cattedrale di Malines. Professor Ries, come giudica quanto avvenuto?Si è trattato di un attacco alla Chiesa nel suo stesso funzionamento con un’azione da Stato di polizia. Per la maggior parte della gente siamo di fronte ad un atteggiamento dittatoriale. Il Vaticano è intervenuto, il Papa e il cardinale segretario di Stato Bertone hanno detto che si è trattato di un episodio inammissibile. I vescovi sono stati sequestrati per 9 ore: una perquisizione selvaggia! Hanno controllato la Conferenza episcopale come se lì fossero riuniti dei malfattori: si è trattato di un vero e proprio sequestro. Che significato ha questo attacco, a suo giudizio?Non conosciamo quello che vi è dietro a questo gesto. Sappiamo che vi sono poteri occulti che attaccano la Chiesa. Quello cui assistiamo è la facciata esterna di questo attacco, appunto una perquisizione selvaggia, avvenuta in una forma che ha sconvolto il Paese. La reazione della popolazione è stata molto forte. La gente comune, credenti e non credenti, hanno reagito dicendo che non è possibile fare una cosa del genere: è qualcosa di dittatoriale! In Belgio abbiamo sempre saputo dell’esistenza di un potere segreto di stampo massonico: vi sono numerose logge e molti pensano che questo gesto venga da lì. Attualmente i media sono in mano a persone che fanno riferimento a questo potere, che da qualche anno attacca sistematicamente la Chiesa e il Pontefice in particolare. Si ricorda di quando la Camera Bassa del Parlamento di Bruxelles votò una dichiarazione di censura delle affermazioni del Papa sul preservativo e l’Aids durante il suo viaggio in Africa? Prima le sue parole vennero travisate, quindi condannate. Di fronte a questo episodio, come ha reagito il Paese?Attualmente, dopo le elezioni, siamo senza un governo. Il precedente esecutivo segue gli affari correnti, ma non fa granché e la Chiesa è in balia di questi attacchi. Ma la popolazione parla molto di quanto successo e prende posizione parlandone sui giornali e in strada. Tutti dicono che in Belgio non si è mai visto niente di simile: si è trattato di un’incursione della polizia nella vita privata delle persone. La Chiesa è stata profanata. Personalmente ho ricevuto molte telefonate di solidarietà da parte di tanta gente, anche di non credenti. È noto che il Belgio vive una situazione di vuoto politico, senza governo dopo le recenti elezioni. Pensa che tale blitz della magistratura abbia approfittato di questo impasse politico?È possibile, anche se non ho elementi per dire che sia effettivamente così. Stiamo vivendo una crisi politica molto profonda. Non so se in una situazione politica normale qualcosa del genere sarebbe successo. Si è realizzato un attacco verso la vita privata delle persone e quel che è peggio della Chiesa, toccata direttamente come non si vedeva dai tempi del comunismo e di Hitler. Noi in Belgio abbiamo conosciuto il nazismo, non vogliamo avere occasione di viverlo di nuovo. Il Belgio è un Paese alquanto secolarizzato e politicamente debole. Vede un collegamento tra questi due fatti?La secolarizzazione da noi è avanzata molto velocemente e ha indebolito la Chiesa, che però continua a funzionare normalmente. Giusto domenica sono stati ordinati 4 preti. Gli ultimi due governi hanno approvato leggi su aborto, eutanasia e matrimoni omosessuali che hanno fatto crescere di molto la secolarizzazione. E la società al contempo è diventata più debole: rischiamo una perdita di valori, ad esempio in campo familiare visto che si verificano tanti divorzi quanti matrimoni.
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