L'ufficio dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) a Tripoli potrà riprendere le sue operazioni, circa tre settimane dopo che ne è stata ordinta la chiusura dalle autorità libiche. Lo riferisce un comunicato dell'Onu diffuso a New York. L'Alto commissario Onu per i rifugiati, Antonio Guterres, ha spiegato che le attività dell'ufficio libico saranno comunque limitate ai casi finora seguiti.Nel comunicato diffuso dall'Onu si ricorda come il governo libico non abbia fornito motivazioni ufficiali per la chiusura dell'ufficio all'inizio del mese, ma che negli ultimi giorni le autorità abbiano accusato lo staff dell'Unhcr di comportamenti gravi, come la richiesta di tangenti o di favori sessuali in cambio della concessione dello status di rifugiato agli immigrati. Il portavoce dell'Unhcr, Adrian Edwards, ha affermato che le accuse libiche non sono state provate e ricordato che l'ordine libico di espulsione non è stato ancora formalmente revocato. «L'Unhcr prende molto sul serio ogni accusa contro membri dello staff da chiunque provengano - ha detto Edwards -. Abbiamo una politica di tolleranza zero per chi commette azioni gravi. Abbiamo chiesto al governo libico di provare queste accuse. Se e quando riceveremo queste indicazioni, saremo in grado di condurre un'indagine in base alle nostre normali procedure». Si stima che siano circa novemila i rifugiati e 3.700 i richiedenti asilo registrati presso l'uffcio dell'Unhcr in Libia. La maggior parte di loro sono palestinesi, iracheni, sudanesi, somali, eritrei, etiopi e liberiani. L'agenzia provvede a fornire cure mediche, alloggio, istruzione e formazione professionale. L'Unhcr opera in Libia dal 1991 e fornisce l'unico programma di assistenza per i richiedenti asilo nel Paese.