Militanti palestinesi hanno sparato oggi un razzo contro Israele dalla Striscia di Gaza, provocando la morte di un agricoltore thailandese, proprio mentre il capo della politica estera Ue è in visita nell'enclave controllata da Hamas. Si tratta del primo attacco dal territorio a causare vittime dalla fine della guerra israeliana a Gaza nel gennaio 2009. Il più alto diplomatico Ue, la britannica Catherine Ashton, era arrivata nella Striscia di Gaza da Israele circa un'ora prima dell'attacco, per visitare strutture dell'Onu e vedere come vengono impiegati i finanziamenti.Un gruppo finora sconosciuto di Gaza, Ansar al-Sunna, ha rivendicato l'attacco, lanciato alla vigilia di un incontro a Mosca dei mediatori del Quartetto per la pace in Medio Oriente per discutere in che modo riavviare i colloqui israelo-palestinesi. La polizia israeliana e il servizio di soccorso hanno detto che il razzo ha colpito Netiv Hàasara, una comunità agricola, uccidendo un lavoratore thailandese."Ciò rappresenta un superamento della linea rossa che Israele non può accettare. La risposta israeliana sarà appropriata. Sarà forte", ha detto ai giornalisti il vice premier Silvan Shalom.In una conferenza stampa a Gaza dopo l'attacco, Ashton ha detto: "Condanno ogni genere di violenza, dobbiamo trovare una soluzione pacifica ai problemi".Anche il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha condannato l'attacco attraverso una nota: "Tutti gli atti del genere di terrorismo e violenza contro civili sono assolutamente inaccettabili e contrari al diritto internazionale".L'accaduto potrebbe comunque avere un impatto maggiore sulla politica interna palestinese che sul processo di pace in Medio Oriente, a cui Hamas si rifiuta di partecipare e che vive una fase di stallo.Hamas, che ha preso il controllo della Striscia di Gaza nel 2007, continua a chiedere agli altri gruppi militanti di non condurre attacchi contro Israele, per timore di rappresaglie israeliane.Ansar al-Sunna, un nome usato anche dagli alleati di al Qaeda in Iraq e simile a nomi usati nella Striscia di Gaza, indica che il gruppo appartiene alla fazione estremista salafita nell'enclave palestinese che ha sfidato Hamas.
Napolitano in Medio Oriente. «È parte del processo di pace la restituzione dei territori e la restituzione del Golan e affrontare la gravissima situazione umanitaria a Gaza»: lo afferma il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al termine dei colloqui con il presidente della Siria Bashar Al Assad parlando degli equilibri mediorientali e in particolare del ruolo di Israele. «Sono persuaso che la sola soluzione possibile al conflitto arabo-israeliano sia basato sulla formula due popoli e due Stati», ha spiegato Napolitano, «e cioè il diritto dei palestinesi ad avere uno Stato indipendente e vitale e quello di Israele a vedere la propria esistenza riconosciuta e a vivere in sicurezza».
Il clima della visita. Colloqui calorosi quelli con Assad, il quale si vede riconosciuto dalla parte italiana anche una politica volta alla stabilizzazione della regione libanese, «nel pieno reciproco rispetto dell'indipendenza di Siria e Libano». Ragione per cui il presidente siriano parla di «punti di vista convergenti» per quanto riguarda il processo di pace e ringrazia «l'Italia per la sua posizione sul Golan». «Vogliamo una pace giusta e globale - prosegue Assad - ma questo è difficile per la mancanza di iniziative e per un governo come quello israeliano che non può essere preso come partner per colpa della sua politica di insediamenti e di violazione dei luoghi sacri». Secondo Damasco occorre «porre fine all'assedio del popolo palestinese», tornare alla situazione precedente al 1967 e soprattutto «eliminare gli insediamenti che rappresentano un ostacolo al processo di pace». Con l'Italia c'è amicizia e intenzione di approfondire il dialogo e la collaborazione», conclude Assad scegliendo bene le parole. E Napolitano risponde sottolineando come la posizione italiana sugli insediamenti ricalchi quella europea e americana, così come l'Italia e l'Europa confidano in Damasco per giungere ad una «soluzione negoziale del problema del nucleare iraniano».