martedì 10 settembre 2013
​Il reporter della Stampa libero dopo 150 giorni: «Una esperienza terribile». Il compagno di prigionia accusa i ribelli sui gas. «Ho solo origliato alcune frasi».
«La fede mi ha aiutato a resistere»
«Andare là dove la gente soffre. È la mia idea di giornalismo» (Claudio Monici)
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​Mi sono reso conto che è come se Dio avesse consegnato la Siria al demonio dicendogli fanne ciò che vuoi». Domenico Quirico racconta questo ai colleghi della Stampa che ieri sera lo hanno potuto riabbracciare e salutare dopo i cinque mesi di sequestro. «È stata la fede a tenermi in piedi, e devo riconoscere che da solo non ce l’avrei fatta. La Siria è un Paese abbandonato al demonio, che ha perso ogni capacità di umanità, ogni capacità di carità umana. Siamo stati trattati come bestie. L’unico gesto umano in cinque mesi è stato quando mi hanno dato un telefonino per poter chiamare la famiglia». Quirico ha riferito che per non perdere «il conto dei giorni e il senno» ha preso costantemente appunti su un taccuino. «Ma me lo hanno sequestrato. Era tutto ciò che mi era rimasto ed è stata una vera ferita per me. Non ho potuto fare le tre cose che più mi interessano nella vita: correre, scrivere, leggere». Cinque mesi di una «terribile esperienza». Finalmente uomo libero, in discrete condizioni, ma profondamente provato, Domenico Quirico ora è tornato nella sua Govone, in provincia di Cuneo. Dove ha finalmente potuto riabbracciare anche le figlie, Eleonora e Metella. A Roma, ieri mattina, il giornalista era stato ascoltato nell’ufficio del procuratore aggiunto Giancarlo Capalbo, sui suoi cinque mesi di sequestro. Quirico ha raccontato della paura di essere ucciso e delle terribili condizioni in cui sono stati tenuti lui e il suo compagno di sventura, il professore belga Pierre Piccinin. Ha raccontato di maltrattamenti, umiliazioni e finte esecuzioni. «Ci davano da mangiare i loro avanzi una volta al giorno al massimo, abbiamo vissuto in condizioni molto dure, ci hanno trattato come delle bestie. Il nostro valore era quello di una mercanzia, di qualcosa che serviva ai loro scopi e ai loro progetti. Hanno ignorato ogni forma di civiltà», ha ribadito Quirico in un’intervista al Gr1 Rai. Ma ancora più terribile è stato quando il giornalista è stato sottoposto alla tortura di due finte esecuzioni, prima però è stato picchiato e umiliato. Punito in maniera malvagia per avere tentato di scappare. Sulla questione dell’uso di gas nervini, dopo le dichiarazioni del suo compagno di prigionia, Quirico dice: «È folle dire che io sappia che non è stato Assad a usare i gas». Lo fa parlando al sito LaStampa.it su quanto dichiarato da Piccinin: «Non è il governo di Bashar al-Assad ad aver utilizzato armi chimiche», informazione che il belga afferma di avere raccolto da una conversazione ascoltata con Quirico durante la prigionia. Quirico precisa: «Da una porta socchiusa, abbiamo ascoltato una conversazione in inglese via Skype che ha avuto per protagoniste tre persone. Dicevano che l’operazione del gas era stata fatta dai ribelli come provocazione, per indurre l’Occidente a intervenire militarmente. E che secondo loro il numero dei morti era esagerato. Io non so - afferma Quirico - se tutto questo sia vero e nulla mi dice che sia così, perché non ho alcun elemento che possa confermare questa tesi e non ho idea né dell’affidabilità, né dell’identità delle persone. Non sono abituato a dare valore di verità a discorsi ascoltati attraverso una porta».

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