venerdì 30 agosto 2013
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Intervento o meno, Mosca avrebbe abbandonato As­sad alla sua sorte. Le di­chiarazioni del ministro degli Esteri Lavrov, ribadite da re­sponsabili della Difesa, in cui si afferma a chiare lettere che i russi «non hanno intenzione di muovere guerra contro nessu­no » sarebbero un’inconfutabi­le prova della Realpolitik del Cremlino. Il retroscena di que­sta eclatante decisione viene ri­costruito nei minimi particola­ri prima dai giornali russi, poi dal giornale libanese as-Safir .
Pura fantasia, avremmo detto, se non fosse che detto quoti­diano è molto vicino al regime di Damasco, il che basta a far capire quanto enorme sia il rammarico siriano per il “tradi­mento” del suo principale al­leato. La ricostruzione (ripresa suc­cessivamente dal Daily Tele­graph) prende inizio da un in­contro burrascoso tra Putin e l’emiro Bandar bin Sultan Al-Saud, nipote di re Abdullah e potente capo dell’intelligence saudita, avvenuto in totale se­gretezza nella residenza del pre­sidente russo fuori Mosca lo scorso 31 luglio. Bandar è visto dai sostenitori del regime siria­no come l’eminenza grigia del sostegno militare e politico ai ribelli anti-Assad. Prima di gui­dare nel 2005 il Consiglio per la sicurezza nazionale saudita, è stato per 22 anni ambasciatore del suo Paese a Washington, do­ve intrattiene ancora molti con­tatti altolocati.
All’incontro, durato quattro o­re, Bandar avanza una precisa richiesta al suo ospite: rinun­ciare a intervenire militarmen­te in favore di Assad dopo che la decisione di abbattere il suo regime sarà stata presa. Il rifiu­to di Mosca, scrive As-Safir , è all’inizio categorico. Putin ad­duce le note motivazioni, dalle antiche relazioni strategiche con la Siria, alla base navale di Tartus, l’unica fuori dai Paesi della Csi, alle consistenti ven­dite di armi. Bandar propone allora l’acquisto di armi russe per 15miliardi di dollari e la tu­tela dei contratti russi del gas in Europa. Alla fine, Putin apre una fine­stra: abbandoniamo Assad se la Nato garantisce non solo il mantenimento della base di Tartus, ma anche la costruzio­ne di una base aerea e la firma di un trattato strategico con il nuovo governo siriano.
Il con­senso della Nato, aggiunge il giornale, è arrivato pochi gior­ni fa ed è stato comunicato da Bandar al ministro degli Esteri Lavrov. Con una precisazione, di importanza fondamentale non solo per Riad: sì al consoli­damento delle relazioni milita­ri ed economiche tra Russia e Siria, ma abrogazione dell’asse Damasco-Teheran. L’Ok di Mo­sca è acquisito. Le trascrizioni dell’incontro a porte chiuse fanno luce anche sulla strategia adottata da Ban­dar per convincere il suo illu­stre interlocutore.
Un vero mix di carote e bastoni per cercare di sbloccare lo stallo in Siria. «Capiamo il grande interesse russo per il petrolio e il gas nel Mediterraneo e comprendiamo l’importanza del gasdotto rus­so in Europa», avrebbe detto l’e­miro a Putin. «Non siamo inte­ressati a competere con voi», lo avrebbe poi rassicurato, pro­spettando anche un cartello russo con l’Opec sul prezzo del greggio sul mercato globale. Pri­ma di insinuare una minaccia. «Posso impegnarmi – avrebbe detto Bandar – a proteggere i Giochi olimpici invernali. I gruppi ceceni che minacciano la sicurezza della manifestazio­ne sono controllati da noi».
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