Pura fantasia, avremmo detto, se non fosse che detto quotidiano è molto vicino al regime di Damasco, il che basta a far capire quanto enorme sia il rammarico siriano per il “tradimento” del suo principale alleato. La ricostruzione (ripresa successivamente dal Daily Telegraph) prende inizio da un incontro burrascoso tra Putin e l’emiro Bandar bin Sultan Al-Saud, nipote di re Abdullah e potente capo dell’intelligence saudita, avvenuto in totale segretezza nella residenza del presidente russo fuori Mosca lo scorso 31 luglio. Bandar è visto dai sostenitori del regime siriano come l’eminenza grigia del sostegno militare e politico ai ribelli anti-Assad. Prima di guidare nel 2005 il Consiglio per la sicurezza nazionale saudita, è stato per 22 anni ambasciatore del suo Paese a Washington, dove intrattiene ancora molti contatti altolocati.
All’incontro, durato quattro ore, Bandar avanza una precisa richiesta al suo ospite: rinunciare a intervenire militarmente in favore di Assad dopo che la decisione di abbattere il suo regime sarà stata presa. Il rifiuto di Mosca, scrive As-Safir , è all’inizio categorico. Putin adduce le note motivazioni, dalle antiche relazioni strategiche con la Siria, alla base navale di Tartus, l’unica fuori dai Paesi della Csi, alle consistenti vendite di armi. Bandar propone allora l’acquisto di armi russe per 15miliardi di dollari e la tutela dei contratti russi del gas in Europa. Alla fine, Putin apre una finestra: abbandoniamo Assad se la Nato garantisce non solo il mantenimento della base di Tartus, ma anche la costruzione di una base aerea e la firma di un trattato strategico con il nuovo governo siriano.
Il consenso della Nato, aggiunge il giornale, è arrivato pochi giorni fa ed è stato comunicato da Bandar al ministro degli Esteri Lavrov. Con una precisazione, di importanza fondamentale non solo per Riad: sì al consolidamento delle relazioni militari ed economiche tra Russia e Siria, ma abrogazione dell’asse Damasco-Teheran. L’Ok di Mosca è acquisito. Le trascrizioni dell’incontro a porte chiuse fanno luce anche sulla strategia adottata da Bandar per convincere il suo illustre interlocutore.
Un vero mix di carote e bastoni per cercare di sbloccare lo stallo in Siria. «Capiamo il grande interesse russo per il petrolio e il gas nel Mediterraneo e comprendiamo l’importanza del gasdotto russo in Europa», avrebbe detto l’emiro a Putin. «Non siamo interessati a competere con voi», lo avrebbe poi rassicurato, prospettando anche un cartello russo con l’Opec sul prezzo del greggio sul mercato globale. Prima di insinuare una minaccia. «Posso impegnarmi – avrebbe detto Bandar – a proteggere i Giochi olimpici invernali. I gruppi ceceni che minacciano la sicurezza della manifestazione sono controllati da noi».