È salito a più di 30 il numero dei morti in Perù dopo gli scontri di ieri tra la polizia e gli indigeni, che manifestano per affermare i loro diritti sulle terre che occupano da secoli. Il portavoce della protesta riferisce che i manifestanti uccisi sarebbero tra 22 e 25, mentre il governo afferma che il bilancio dei poliziotti uccisi sarebbe salito da 7 a 9. I media parlano invece di 11 morti tra le forze dell'ordine. Gli scontri hanno avuto inizio quando la polizia ha forzato un blocco stradale nei pressi della città di Bagua, in un'area da circa due mesi posta sotto assedio dagli indios. I manifestanti chiedono la revoca dei decreti legislativi che minacciano i loro diritti su quelle terre. Il loro malcontento è però dovuto anche all'accordo di libero commercio stipulato a febbraio tra Perù e Stati Uniti. I manifestanti respingono le accuse del capo della polizia Jose Sanchez Farfan, secondo cui sarebbero stati gli indios a sparare per primi, uccidendo quattro agenti. Alberto Pizango, leader della protesta, afferma che gli indios non sono in possesso di armi da fuoco e ipotizza che i poliziotti siano stati colpiti dal fuoco dei loro stessi colleghi. Gli indios accusano direttamente il presidente Alan Garcia dell'escalation di violenza che sta provocando tanti morti. I leader indio che si trovavano a Lima al momento delle uccisioni riferiscono di aver ricevuto mandati di arresto a loro carico e di non aver saputo come reagire. Negli scontri di Bagua, da quanto si riferisce, la polizia avrebbe fatto fuoco contro molti edifici pubblici.Secondo gli indios dell'Amazzonia peruviana, i decreti del governo calpestano il loro diritto alla vita e alla terra per lo sfruttamento delle riserve petrolifere. I dimostranti avevano esteso la loro protesta anche alle province di Amazonas, Cusco, Loreto, San Martin e Ucayali. Il leader Pizango ha intanto annunciato che la maggior parte dei manifestanti ha rimosso i blocchi stradali e ha abbandonato i presidi agli impianti petroliferi per evitare ulteriore spargimento di sangue.