La maglia nera spetta sempre alla Cina: il regime comunista ancora al potere fa del gigante asiatico lo stato con il più alto numero di esecuzioni capitali. Seguono Iran e Iraq che, nel 2013, si confermano tra i "Paesi-boia" del mondo. Il Rapporto 2014 di Nessuno tocchi Caino, presentato a Roma, fa registrare una certa tendenza positiva verso l'abolizione. I Paesi che ancora mantengono la pena capitale sono scesi da 40 nel 2013 a 37 al 30 giugno 2014, mentre quelli che hanno deciso di abolirla, per legge o in pratica, sono complessivamente 148, senza contare i 7 che l'hanno eliminata per crimini ordinari. Ventidue i Paesi che hanno fatto ricorso alla pena di morte nel 2013, lo stesso numero del 2012, con un lieve aumento però delle esecuzioni da 3.967 a 4.106, giustificato con l'incremento registrato in Iraq e Iran.
A preoccupare però - secondo Sergio D'Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino - è il passo indietro nei Paesi cosiddetti "democratici" dove sono aumentate le esecuzioni e il sistema capitale si è rivelato essere per molti aspetti coperto da un velo di segretezza. Se nel 2011 erano stati solo 2 i Paesi democratici a praticare la pena di morte, nel 2012 sono diventati 5 - Usa, Taiwan, Botswana, Giappone e India - a cui si è aggiunta l'Indonesia nel 2013 dopo una moratoria di fatto di 5 anni. L'Asia si conferma il continente dove si pratica la quasi totalità della pena di morte nel mondo, con 4.010 esecuzioni (il 97,6%), in Africa sono state eseguite almeno 57 esecuzioni in cinque Paesi, mentre nelle Americhe sarebbero spiccano solo gli Stati Uniti (39). In Europa, la Bielorussia continua a costituire l'unica ccezione. Dei 37 mantenitori della pena di morte, 30 sono Paesi dittatoriali, autoritari o illiberali, in 16 di questi sono state compiute almeno 4.046 esecuzioni nel 2013, il 98,5% del totale mondiale. Un paese solo, la Cina, ne ha effettuate almeno 3.000, circa il 74,5% del totale mondiale, seguita da Iran con almeno 687 e Iraq, almeno 172.