Quattrocento milioni di persone in meno. A tanto assommano i 'risultati' della politica demografica in Cina, in corso da un trentennio. Lo denuncia un noto dissidente cinese, Harry Wu, direttore della Laogai Foundation ed esiliato a Washington. Wu, conosciuto per il suo Controrivoluzionario (San Paolo) dove ha rievocato gli anni nei lager maoisti, sarà ospite del Meeting di Rimini intervenendo – domenica 23 agosto – all’incontro 'Tien An Men: la Cina vent’anni dopo'. Ha dato appena pubblicato Strage di innocenti. La politica del figlio unico in Cina (Guerini, pagine 185, euro 21,50), documento suffragato da testimonianze di prima mano e da confessioni di ex funzionari di Pechino addetti all’illiberale politica demografica del gigante asiatico.
Signor Wu, qual scoperta l’ha colpita di più studiando la prassi del figlio unico in Cina?«La libertà di generare un figlio è uno dei diritti umani fondamentali. Infrangerlo, come il governo cinese sta facendo da trent’anni con metodi coercitivi e brutali come l’aborto e le sterilizzazioni compiute con la violenza, è una delle violazioni più gravi dei dritti umani mai compiute da Pechino. Il rafforzamento della politica del figlio unico rappresenta non solo un notevole affronto alla dignità delle donne ma contribuisce anche a diversi problemi sociali e demografici, compresa la rapidità nell’invecchiamento della popolazione e uno squilibrio tra i sessi, nonché un crescente traffico di donne e bambini. Ciò che mi ha maggiormente colpito è la vastità con cui è portata avanti tale prassi. In base alle cifre dello stesso governo, la politica del figlio unico ha la responsabilità di aver ridotto di circa quattrocento milioni la popolazione cinese».
Nel suo libro si leggono racconti drammatici di infanticidi compiuti dalle autorità pubbliche cinesi nei confronti dei bambini «che non dovevano nascere». La società civile del suo Paese non è interessata a queste cruenti violazioni del diritto alla vita? «La politica del figlio unico rimane estremamente impopolare nelle zone rurali della Cina dove risiede la maggioranza della popolazione: qui è abbastanza forte il desiderio di avere una famiglia numerose in modo da poter lavorare i campi e da avere persone che si prenderanno cura dei genitori da anziani. Certamente i funzionari pubblici che si impegnano in aborti o sterilizzazioni forzate possono instillare un grande sentimento di risentimento nella comunità, ma le vittime hanno pochi aiuti disponibili. La stampa non ha il permesso di riferire questi abusi, così molti cittadini non conoscono tutti i dettagli di come venga attuata la politica demografica del governo. Alcuni individui coraggiosi stanno cercando di mettere fine a queste violenze. Il più noto è Chen Guangchen, un avvocato cieco che ha fornito assistenza legale alle vittime di una massiccia campagna di sterilizzazione forzata nella contea di Linyi nel 2005. Ma, sfortunatamente, Chen è stato condannato a quattro anni di prigione per colpa dei suoi sforzi: ancor oggi è in prigione».
La "libertà di maternità" in Cina viene considerata un tema importante dalle Ong umanitarie? «In verità questo problema non riceve una grande attenzione da parte delle organizzazioni occidentali, o almeno non come avviene per altri diritti umani. Ma le violenze legate alla politica del figlio unico sono state ben documentate e il nodo è stato sollevato in diverse udienze al Congresso americano dedicate ai diritti umani in Cina. Gli addetti alla propaganda del governo di Pechino hanno cercato di 'coprire' il problema suggerendo l’idea che gli aborti o le sterilizzazioni vengono fatte solo in maniera volontaria, cosa assolutamente falsa. Ma questo lavoro ha avuto alcune conseguenze e potrebbe essere in parte responsabile del perché su tale questione tema non ci sono molto proteste. Posso dire che sono rimasto sorpreso dal fatto che il sistema di controllo demografico coercitivo in atto in Cina non abbia 'scaldato' la gente negli Stati Uniti. Questo è strano: gli aborti forzati rappresentano un problema che supera i fronti ' pro life' e ' pro choice '. Spero che più gente si interesserà a questo problema: esso riguarda la nostra comune umanità».
Il suo saggio riferisce la notizia che la popolazione cinese sta invecchiando e che l’indice di fertilità (1,8 figlio per donna) è inferiore a quello di sostituzione demografica. Secondo lei Pechino cambierà strategia? «Il governo dovrà modificare la politica del figlio unico almeno in alcuni punti. Altrimenti ci saranno impatti disastrosi sulla società e l’economia cinese, nonché sui grandi risultati economici che rappresentano l’unica reale fonte di legittimità del partito comunista come soggetto di governo. Lo scorso anno erano girate voci che il governo fosse pronto a rivedere la legge ma i funzionari del settore demografico hanno costretto il Partito a restare sulle vecchie posizioni. Tanto che è stato ribadito che l’attuale politica resterà valida per altri dieci anni. Questo però dimostra che all’interno del potere comunista esiste un dibattito e forse esistono voci più liberali che chiedono un cambiamento».