martedì 4 giugno 2013
Colpito il «quoziente familiare». E il ceto medio è quello più a rischio. Pioggia di critiche. Dura la reazione dell’opposizione neogollista: siamo davanti a una «riforma vigliacca».
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In Francia c’è almeno una questione politica ugualmente cara al cuore di un pescatore bretone, di una maestra provenzale o di un impiegato parigino. La “politica familiare”, ovvero la distribuzione mensile di sussidi alle famiglie con figli, è dal Dopoguerra un pilastro nazionale. Per questo, ogni governo di destra o di sinistra ha cercato d’imprimere il proprio marchio al dispositivo, che per i francesi è quasi un sinonimo del “modello sociale” nazionale. Per demografi e sociologi, poi, si tratta di un asso nella manica per la natalità: 10 milioni di francesi in più negli ultimi 30 anni, contro 6 milioni di britannici, 4 milioni d’italiani e 3 milioni di tedeschi.       Ma negli ultimi anni, la crisi ha messo a nudo gli squilibri del Welfare, sottoposto fin dagli anni Sarkozy a una cura dimagrante, sia pure progressiva e ancora tutt’altro che completa, come ha appena ricordato la Commissione Ue, suscitando subito a Parigi reazioni stizzite da tutti i campi politici.      La politica familiare mancava finora all’appello. Ma ieri, il premier socialista Jean-Marc Ayrault, dopo tante precauzioni (rapporti di esperti, ampie consultazioni, accenni via via meno sfuggenti e velati), ha ammesso che neppure il fiore all’occhiello del Welfare sfuggirà a un ridimensionamento. Esprimendosi solennemente, Ayrault ha premesso che i sussidi rappresentano «un punto d’orgoglio, uno dei nostri successi, spesso invidiato all’estero, in particolare negli altri Paesi europei». Poi, è giunto al dunque: «Adesso che questa politica familiare, questo modello francese, conosce difficoltà finanziarie, la nostra sfida consiste interamente nel salvarla, preservandola, e dunque la sfida del governo sta nel trovare la buona soluzione». Il buco da colmare è infatti di 2 miliardi l’anno.   Contrariamente a quanto raccomandava il rapporto di Bertrand Fragonard, presidente dell’Alto consiglio per la Famiglia, l’esecutivo non ha voluto ridurre i sussidi di base alle famiglie più agiate. Come ha detto Ayrault, «il governo ha deciso di preservare l’universalità dei sussidi familiari, i quali continueranno ad essere versati in modo uguale a tutti i bambini di tutte le famiglie». Finirà invece nel mirino il «quoziente familiare», il dispositivo che alleggerisce le tasse delle famiglie in funzione del numero di figli. La precedente soglia massima di reddito era di 2mila euro per “parte fiscale”: una famiglia con due figli, corrispondendo a 3 parti (mezza per ogni figlio), poteva beneficiare del dispositivo in caso di redditi totali inferiori a 6mila euro. Dall’anno prossimo, si passerà a un tetto di 1.500 euro, escludendo così dagli sgravi 1,3 milioni di famiglie, il 12% del totale. Le associazioni familiari hanno subito denunciato un colpo di scure per le giovani coppie del “ceto medio” nelle grandi città. La nuova soglia di 4.500 euro per una famiglia con due figli penalizzerà infatti i trentenni che a Parigi, Lione o Bordeaux spendono spesso 2mila euro e più di mutuo o affitto mensili. Da parte sua, l’opposizione neogollista ha strigliato una «riforma vigliacca», in quanto meno appariscente, ma in sostanza forse più dolorosa, rispetto all’ipotesi di sussidi proporzionali al reddito. Ma quando si tratta di politica familiare, commentavano ieri gli esperti, il peso storico dei simboli può finire per prevalere su tutto il resto.
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