Con una decisione coraggiosa seguita immediatamente da manifestazioni di protesta, ieri un Tribunale anti-terrorismo ha emesso una doppia condanna a morte per Malik Mumtaz Hussain Qadri, assassino reo confesso dell’uccisione del governatore della provincia pachistana del Punjab, Salman Taseer. La sentenza della corte è stata letta dal giudice Pervez Ali Shahin una sessione a porte chiuse nel carcere di massima sicurezza di Adiyala a Rawalpindi e salutata con manifestazioni ostili dai gruppi islamici che di Qadri hanno fatto un martire e lo hanno sostenuto durante tutto il processo. L’uomo, appartenente alle forze d’élite della polizia e guardia del corpo del governatore, aveva crivellato di proiettili Taseer il 4 gennaio scorso a Islamabad, motivando la sua azione con la volontà di punirlo per quelle che ha definito «affermazioni blasfeme». Per il suo assassino e per l’estremismo islamista collegato all’ideologia taleban e qaedista, Taseer, politico non incline a compromessi, convinto del primato assoluto della legalità per garantire unità e giustizia al Pakistan, era “colpevole” di avere preso le difese di Asia Bibi, la donna cristiana condannata nel novembre 2010 alla pena capitale e ancora in attesa di un processo d’appello che fatica a decollare nel clima di intimidazione e di pressioni sui giudici dell’Alta Corte di Lahore che dovrebbe giudicarla. Bloccato al momento anche dai tentennamenti politici e dall’incapacità del governo guidato dal Partito del Popolo pachistano di isolare gli estremisti e di rendersi autonomo dalle espressioni politiche dell’islamismo militante. Azioni clamorose, avvenute in diversi casi con la noncuranza se non con la connivenza delle stesse forze di sicurezza, hanno di fatto preso in ostaggio i poteri dello Stato, mentre la società civile fatica a reagire. Toni più alti e coraggiosi sono stati finora quelli delle minoranze, in prima linea quella cristiana, ben coscienti anche degli alti rischi, a partire da un uso strumentale e punitivo della “legge antiblasfemia”, diventata negli ultimi anni uno strumento di persecuzione contro i non musulmani o quanti tra i musulmani cercano di contrastare estremismo e fanatismo.Che ora potrebbero riaccendersi pubblicamente. «Punendo Mumtaz Qadri, darete vita a mille Mumtaz Qadri!», ha gridato un uomo con un megafono all’esterno del carcere alla notizia della sentenza, che ha anche dato al condannato sette giorni per presentare appello. «Siamo contrari alla pena di morte e non esultiamo per questo verdetto. Sosteniamo però il lavoro della magistratura: si tratta di una decisione molto coraggiosa da parte del tribunale. Per la prima volta in Pakistan una persona coinvolta in un omicidio di alto profilo è stato condannato», ha commentato ieri, contattato dall’Agenzia <+corsivo>Fides<+tondo>, Haroon Barkat Masih, presidente della “Masihi Foundation”, impegnata nella difesa di Asia Bibi e dei diritti dei cristiani in Pakistan.«Salman Taseer – ha proseguito Masih – non aveva offeso nessuno ma chiedeva solo di respingere una legge promulgata da un dittatore: è una legge che ha creato un ambiente soffocante non solo per i non-musulmani, ma anche per i musulmani di questo Paese». Haroon Masih ha anche ricordato che «occorre pregare, lavorare e sperare per la sorte del figlio di Salmaan Taseer, ancora nelle mani di un gruppo di sequestratori, e per quanti sono languono nelle carceri pachistane con l’ingiusta accusa di blasfemia».A sollecitare «rispetto per la libertà di religione e di coscienza, che è il segno distintivo della giustizia e della pace» in Pakistan è anche l’arcivescovo Savio Hon Tai-Fai, segretario delle Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. In un messaggio inviato alla Chiesa locale in occasione dell’inaugurazione dell’Anno della Missione, apertosi ieri, l’arcivescovo ha sottolineato che «in quanto piccola minoranza in una società a maggioranza musulmana, la Chiesa in Pakistan vive e si muove in un quadro che richiede sensibilità e grande amore per i nostri fratelli e sorelle musulmani».