sabato 28 agosto 2010

Tra gli sfollati delle inondazioni in Pakistan ci sono almeno 72 mila bambini denutriti che rischiano di morire di fame. Lo denuncia oggi l'Unicef  lanciando un appello urgente per circa 80 milioni di dollari necessari per far fronte alla gravissima emergenza.
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Tra gli sfollati delle inondazioni in Pakistan ci sono almeno 72 mila bambini denutriti che rischiano di morire di fame. Lo denuncia oggi l'Unicef  lanciando un appello urgente per circa 80 milioni di dollari necessari per far fronte alla gravissima emergenza.  L'agenzia dell'Onu sostiene che tra i 17 milioni di alluvionati, ci sono oltre due milioni di bambini al di sotto dei cinque anni e che "almeno il 13% di loro soffrono di malnutrizione". La provincia del Sindh, la più devastata dalle alluvioni, è infatti tra le più arretrate del Paese. In particolare, "72 mila sono fortemente malnutriti, mentre circa 200 mila hanno una forma moderata di malnutrizione" ha riferito Shahid Mehboob, rappresentante dell'organizzazione. Se non riceveranno subito cibo e acqua pulita, questi bambini già vulnerabili "potrebbero morire di fame o di infezioni" ha aggiunto.  UN ALTRO MILIONE DI SFOLLATI PER L'ALLUVIONELucia Capuzzi«È una corsa contro il tempo. Ma verso un traguardo che ogni giorno si allontana». Così, il responsabile dell’agenzia Onu per gli Affari Umanitari (Ocha) Maurizio Giuliano descrive la situazione pachistana. È trascorso quasi un mese dall’inizio delle alluvioni e il diluvio non accenna ad arrestarsi. Anzi, si fa ogni giorno più violento. Come previsto, le acque del fiume Indo hanno rotto gli argini e, ormai, hanno ingoiato centinaia di villaggi del Sindh in un vortice di fango. Ora, minacciano le affollate città di Sujawal, Mirpur Bathoro e Daro, nel Sindh meridionale. Il monsone si sta spostando anche nel Nord della regione. Anche qui il livello dell’Indo sta salendo. E nuove esondazioni rischiano di travolgere anche Shahdadkot. Nelle ultime 48 ore, il governo ha dovuto evacuare un milione di persone. Che si aggiungono agli oltre cinque rimasti senza rifugio. Un’emergenza «epocale», ha detto ad Avvenire Marco Bertotto, direttore dell’Agenzia italiana di risposta alle emergenze - Agire, che riunisce sei Ong impegnate nei soccorsi. «È la tragedia più grave degli ultimi anni», ha aggiunto. I dati – diffusi dalle Nazioni Unite – sono allarmanti: oltre 17 milioni di persone colpite, 1,2 di case distrutte, 3,2 milioni di ettari di superfici coltivabili – il 14 per cento del totale – devastati, 1.600 morti accertati. Ma l’ente governativo per la gestione delle emergenze ha dichiarato: «Il bilancio degli uccisi potrebbe aumentare quando cominceranno a recedere e si troveranno i corpi dei dispersi». Molti anche se – sottolinea l’organismo – meno di quelli del terremoto del 2005. Aldisastro naturale, si aggiunge l’orrore di quella guerra segreta che da anni insanguina il Pakistan. Ovvero il conflitto tra autorità e gruppi estremisti vicini ad al-Qaeda. Vittima principale la popolazione civile. E chi cerca di aiutarla. I taleban hanno lanciato inequivocabili minacce agli stranieri impegnati negli aiuti. E, secondo quanto riporta l’agenzia Fides, non si sono limitati alle parole. Nella Valle di Swat – regione ad alta densità “integralista”– tre operatori umanitari locali sono stati assassinati dai qaedisti. A raccontarlo a Fides è stato padre Robert Mc Culloch, sacerdote della società di San Colombano per le missioni estere, da 32 anni nel Paese. Il fatto è stato confermato a Fides anche da fonti umanitarie locali. L’attacco è avvenuto tra il 24 e il 25 agosto in due località dello Swat. I taleban – scrive l’agenzia – hanno ferito varie persone, alcune in modo grave. Poi, hanno saccheggiato case e negozi. La notizia sarebbe stata tenuta nascosta dalle autorità – hanno spiegato le fonti – nel timore di creare panico nelle organizzazioni umanitarie attive nella zona. La solidarietà, però, non è disposta a fermarsi di fronte al terrorismo. Le associazioni – laiche o religiose – hanno detto che continueranno a portare aiuto ai pachistani alluvionati.A dispetto delle minacce degli estremisti. «Per noi, niente è cambiato – precisa Bertotto –. Il contesto pachistano è da sempre difficile. Per questo, prendiamo le nostre precauzioni. Cerchiamo di tenere un basso profilo, di non andare in giro con enormi gip o con gli adesivi in vista. La nostra migliore protezione, però, è rappresentata dalla gente. Il vincolo di fiducia che si stabilisce, la consapevolezza che siamo lì per far loro del bene in qualche modo ci mette al riparo. Anche se non si deve sottovalutare il pericolo». Che, nel Paese, ha molti volti. Anche quello dei trafficanti di esseri umani. Gli scorsi giorni ci sono state varie denunce di Ong locali sulla presenza di “ladri di bambini” nelle zone inondate. Ora “Save the children” ha realizzato i primi 14 di 90 spazi protetti. In cui i piccoli saranno aiutati a superare il trauma. E potranno essere al riparo delle grinfie degli orchi.
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