giovedì 4 dicembre 2008
Non solo Mumbai: in Orissa continua lo stillicidio quotidiano di violenze contro i cristiani: due donne uccise, case bruciate e intimidazioni sistematiche. E il Consiglio dei cristiani accusa il governo locale.
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Il governo dell’Orissa snocciola dati per dimostare il suo impegno per la legalità; nelle campagne dopo l’omicidio dal 23 agosto si continua ad essere uccisi a colpi di ascia o a sparire nel nulla. Dopo il terrore globale per la furia omicida del commando di Mumbai, prosegue dimenticato lo stillicidio quotidiano di intimidazioni, violenze e morti contro i cristiani in Orissa.Nei giorni scorsi, rivela AsiaNews, due donne cristiane sono state uccise nel distretto: erano tornate al loro villaggio per tentare di mietere il raccolto di riso dai loro campi, sperando di garantire cibo per la loro famiglia. Una di loro, Bimala Nayak, 52 anni, è stata colpita a colpi di ascia e gettata nella foresta. Il suo corpo è stato trovato in tre pezzi, fuori del villaggio di Gubria. Era uscita dal campo di rifugio di Nuagaon per mietere il riso.L’altra, Lalita Digal, 45 anni, è stata uccisa a Dodabali il 25 novembre scorso. Era ospitata nel campo profughi di K.Nuagam e il 21 novembre era uscita per tornare al villaggio sempre per raccogliere il riso. La donna era ospitata da alcuni amici indù del villaggio: testimoni raccontano che la donna è stata portata via dalla casa dove si trovava e il suo corpo non è stato trovato.Altre violenze so0no da registrare nel villaggio di Tiangia. La notte fra il 25 e il 26 novembre, sempre secondo AsiaNews, sono state bruciate due case di cristiani e una di un indù che aveva osato dare il benvenuto ai cristiani. Il 25 novembre a Tiangia – villaggio natale di padre Bernard Digal, morto mesi dopo essere stato picchiato e torturato – le autorità del distretto avevano radunato il villaggio, dove sono stati uccisi 6 cristiani, e avevano celebrato un «Incontro per la pace», in cui si garantiva il ritorno dei cristiani fuggitivi.Per questo il Global council of indian christians (Gcic) ha puntato ancora una volta il dito contro l’incapacità – secondo alcuni voluta – del governo locale nel fermare le violenze. Il presidente del Global council, Sajan George, ha sottolineato come con l’avvicinarsi del Natale, «la paura domina ancora fra i cristiani di Kandhamal». Timori giustificati dalla memoria delle violenze in questi anni: nel dicembre 2007, quando sono state uccise 3 persone, bruciate 13 chiese e centinaia di case di cristiani. «Ma soprattutto per il fallimento dell’amministrazione di contenere le violenze in larga scala scatenatesi sui cristiani dopo l’uccisione di Swami Laxamananda Saraswati». Dopo 3 mesi «non è stato fatto alcun arresto dei colpevoli delle violenze», anche se l’amministrazione spinge i cristiani fuggiti – circa 54 mila – a ritornare ai loro villaggi. Lunedì scorso Naveen Patnaik, primo ministro dell’Orissa, ha esibito davanti al parlamento le cifre dell’impegno del governo per la legalità, contro le violenze sui cristiani e ha detto che almeno 10mila persone sono state inquisite per «le violenze di Kandhamal» e 598 sono state arrestate dopo la presentazione di 746 denunce. Ma nessuno di questi casi si riferisce agli attacchi avvenuti dall’agosto 2008. Sebbene la polizia abbia già arrestato 3 persone collegate con l’uccisione dello Swami, molti gruppi radicali indù hanno pianificato manifestazioni per criticare la lentezza delle forze dell’ordine nell’assicurare i colpevoli alla giustizia.
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