Aveva subito una brutale aggressione martedì scorso. Era stato circondato da un gruppo di fanatici indù. Insultato. Picchiato. La sua unica colpa: portare una Bibbia nello zaino. Dopo l’aggressione, di lui non c’era più traccia. Ieri l’agghiacciante conferma: Yuvraj Digal, 40 anni, originario del villaggio di Kanjamedi, nel distretto di Kandhamal (Orissa), un catechista stimato e leader all’interno della comunità cristiana locale, è stato ucciso. Il ritrovamento del suo cadavere ha cancellato ogni residua speranza. Un nuovo, terribile episodio, che ripropone il dramma dei cristiani in Orissa. Proprio ieri la Conferenza dei vescovi indiani ha chiesto di estendere la definizione di «terrorismo » e «attività terroristiche», inserendo anche gli attacchi che vengono compiuti «contro le minoranze etniche e religiose». In un promemoria – spiega l’agenzia AsiaNews – firmato da monsignor Stanislaus Fernandes, segretario generale della Conferenza episcopale dell’India (Cbci), si invita il governo a prendere spunto «dalle violenze che hanno sconvolto l’Orissa». Esse sono caratterizzate da «una campagna di odio e persecuzione verso le minoranze religiose» da parte di «elementi anti-sociali» che mirano a sovvertire l’ordine costituito, tali da rendere necessaria «una definizione di terrorismo » che comprenda anche «atti di questo genere». L’altro ieri la Camera bassa del Parlamento indiano (Lok Sabha) ha approvato due progetti di legge riguardanti la «prevenzione di atti criminali» e la creazione di una «agenzia investigativa a livello nazionale». Il Ministro degli interni ha annunciato che, per la prima volta, la nozione di «terrorismo è stata ridefinita attraverso un consenso generale»: quanti promuovono attività terroristiche o centri di addestramento verranno giudicati in base alle misure adottate nella nuova legislazione.