Un sesto della popolazione mondiale soffre la fame: una vergogna insostenibile, una ferita letteralmente aperta, e da anni sempre più profonda, nella carne dell’umanità. Dopo l’allarme lanciato dalla Fao ne parliamo con il professor Luigi Campiglio, ordinario di Politica economica all’Università Cattolica di Milano. Molte e complesse le cause del dramma, secondo lui, non facili i rimedi. Ma questo non vuol dire, aggiunge, che mentre appare ancora lontano un « sistema di sicurezza » mondiale non si possa anzi si debba ricorrere a strumenti relativamente semplici ma efficaci, quali ilresponsible lending, il prestito responsabile.
Professore, questa fame ha molti padri, tutti pericolosi. Alla base di tutto, secondo la Fao, c’è la « combinazione letale » della crisi finanziaria globale e dell’aumento dei prezzi alimentari. Ma si potrebbero ricordare anche l’aumento della domanda di carni in Asia, la destinazione di terreni fertili alla produzione di biocarburanti, l’arretratezza tecnica di certe regioni, la speculazione che si orienta sulle materie prime... Che cosa le sem-bra più pericoloso, o comunque più nuovo? Mi appare specialmente interessante, anche se quantitativamente ancora poco rilevante, la produzione di bioetanolo e biodiesel a partire da mais, soia e altri vegetali. Interessante per le diverse prospettive che apre, anche sotto il profilo ambientale, e per le critiche rivolte agli Stati Uniti ( responsabili di varie forme di sostegno al nuovo settore) dalla Cina e dall’India, preoccupate più in generale di nuove forme di protezione doganale da parte americana. Per il resto, tutto giusto, tutto concorre o può concorrere al peggio, anche se c’è ben poco di nuovo. La ' bolla speculativa' più classica, per esempio, è quella che ebbe per oggetto coltivazione e commercio dei tulipani, pagati uno sproposito per ornare, mettiamo, le gonne delle dame... Anche la persistente arretratezza tecnica in certe regioni non è nuova, ma non dobbiamo dimenticare che l’aumento di produttività agricola universale è stato e continua ad essere spettacolare. Tale da garantire sul piano teorico cibo a sufficienza per tutti, mentre in pratica.
.. ... In pratica quest’anno il numero delle persone che soffrono la fame nel mondo supererà la soglia del miliardo. Cattiva distribuzione delle risorse, dunque. Cattiva distribuzione ( anche nel senso della conservazione, del trasporto e della commercializzazione degli alimenti) e cattiva gestione. Ma vorrei si ricordasse che il punto cruciale sta nella povertà sempre più diffusa, che si traduce nell’impossibilità per molti di acquistarli, quegli alimenti, anche i più strettamente necessari. Soprattutto di recente abbiamo assistito all’aumento dei prezzi, accompagnato di pari passo dalla stabilità o dalla diminuzione dei redditi. Come a dire che, in misura crescente, la fame è determinata dalla povertà.
Dato per sacrosanto un appello alla generosità e alla solidarietà di chi di cibo ne ha addirittura troppo, come interrompere questa deprecabile tendenza? Io credo che una strategia generale dovrebbe privilegiare i Paesi poveri e i piccoli agricoltori. Chi ha fame è senza soldi, senza mezzi, solo e disperato. Dobbiamo dunque cominciare con il finanziare chi non ha niente, indirizzarlo a tutte le possibili forme di cooperazione, nell’unione solidale, per esempio, di tante piccole proprietà. Lo strumento ideale mi sembra quello del microcredito, che funziona bene, e che andrebbe potenziato e garantito nel quadro di una politica di responsible lending. Ossia di prestito responsabile, che cioè richiede responsabilità sia al creditore sia al debitore. Un ottimo punto di partenza, in attesa di improbabili aggiustamenti del mercato. La Fao nota tra l’altro che i prezzi dei generi alimentari di base, per quanto diminuiti ultimamente, restano ancora più alti del 33 per cento rispetto al 2005.