sabato 20 giugno 2009
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Un sesto della popo­lazione mondiale soffre la fame: una vergogna insostenibile, u­na ferita letteralmente a­perta, e da anni sempre più profonda, nella carne del­l’umanità. Dopo l’allarme lanciato dalla Fao ne par­liamo con il professor Lui­gi Campiglio, ordinario di Politica economica all’U­niversità Cattolica di Mila­no. Molte e complesse le cause del dramma, secon­do lui, non facili i rimedi. Ma questo non vuol dire, aggiunge, che mentre ap­pare ancora lontano un « sistema di sicurezza » mondiale non si possa an­zi si debba ricorrere a stru­menti relativamente sem­plici ma efficaci, quali ilre­sponsible lending, il presti­to responsabile. Professore, questa fame ha molti padri, tutti peri­colosi. Alla base di tutto, secondo la Fao, c’è la « combinazione letale » della crisi finanziaria glo­bale e dell’aumento dei prezzi alimentari. Ma si potrebbero ricordare an­che l’aumento della do­manda di carni in Asia, la destinazione di terreni fertili alla produzione di biocarburanti, l’arretra­tezza tecnica di certe re­gioni, la speculazione che si orienta sulle materie prime... Che cosa le sem-bra più pericoloso, o co­munque più nuovo? Mi appare specialmente interessante, anche se quantitativamente ancora poco rilevante, la produ­zione di bioetanolo e bio­diesel a partire da mais, soia e altri vegetali. Inte­ressante per le diverse pro­spettive che apre, anche sotto il profilo ambientale, e per le critiche rivolte agli Stati Uniti ( responsabili di varie forme di sostegno al nuovo settore) dalla Cina e dall’India, preoccupate più in generale di nuove forme di protezione doganale da parte americana. Per il re­sto, tutto giusto, tutto con­corre o può concorrere al peggio, anche se c’è ben poco di nuovo. La ' bolla speculativa' più classica, per esempio, è quella che ebbe per oggetto coltiva­zione e commercio dei tu­lipani, pagati uno spropo­sito per ornare, mettiamo, le gonne delle dame... An­che la persistente arretra­tezza tecnica in certe re­gioni non è nuova, ma non dobbiamo dimenticare che l’aumento di produtti­vità agricola universale è stato e continua ad essere spettacolare. Tale da ga­rantire sul piano teorico ci­bo a sufficienza per tutti, mentre in pratica... ... In pratica quest’anno il numero delle persone che soffrono la fame nel mon­do supererà la soglia del miliardo. Cattiva distribu­zione delle risorse, dun­que. Cattiva distribuzione ( an­che nel senso della con­servazione, del trasporto e della commercializzazio­ne degli alimenti) e cattiva gestione. Ma vorrei si ri­cordasse che il punto cru­ciale sta nella povertà sem­pre più diffusa, che si tra­duce nell’impossibilità per molti di acquistarli, quegli alimenti, anche i più stret­tamente necessari. Soprat­tutto di recente abbiamo assistito all’aumento dei prezzi, accompagnato di pari passo dalla stabilità o dalla diminuzione dei red­diti. Come a dire che, in misura crescente, la fame è determinata dalla povertà. Dato per sacrosanto un appello alla generosità e alla solidarietà di chi di ci­bo ne ha addirittura trop­po, come interrompere questa deprecabile ten­denza? Io credo che una strategia generale dovrebbe privile­giare i Paesi poveri e i pic­coli agricoltori. Chi ha fa­me è senza soldi, senza mezzi, solo e disperato. Dobbiamo dunque co­minciare con il finanziare chi non ha niente, indiriz­zarlo a tutte le possibili for­me di cooperazione, nel­l’unione solidale, per e­sempio, di tante piccole proprietà. Lo strumento i­deale mi sembra quello del microcredito, che funzio­na bene, e che andrebbe potenziato e garantito nel quadro di una politica di responsible lending. Ossia di prestito responsabile, che cioè richiede respon­sabilità sia al creditore sia al debitore. Un ottimo punto di partenza, in atte­sa di improbabili aggiusta­menti del mercato. La Fao nota tra l’altro che i prezzi dei generi alimentari di ba­se, per quanto diminuiti ultimamente, restano an­cora più alti del 33 per cen­to rispetto al 2005.
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